Newsletter n. 14 / Luglio 2021
a cura dello Studio Legale Tributario Torcello in collaborazione con Confindustria Chieti Pescara
Questa newsletter porta la firma dell’Avvocato Giovanna BRATTI e dell’Avvocato Davide TORCELLO
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La Corte di cassazione ha sancito l’illegittimità della misura cautelare alla luce dell’“indisponibilità”, da parte dell’indagato, dei conti societari sequestrati.
Colpire “economicamente” il reo: questo l’orientamento che, negli ultimi anni, si sta registrando nella lotta alla criminalità di impresa e tributaria.
In tal senso, infatti, si inseriscono i più recenti interventi legislativi volti ad ottenere un generale inasprimento del quadro penale tributario di cui al D. Lgs. n. 74/2000; mediante l’abbassamento delle cd. soglie di punibilità del fatto e l’incremento delle sanzioni economiche e detentive.
Si assiste, così, ad una “progressione punitiva”; finalizzata a colpire rigorosamente le condotte evasive o fraudolente poste in essere, in ambito fiscale, dagli imprenditori.
Tale trend si manifesta, altresì, nel ricorso (sempre più frequente) al sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p.; il cui effetto, quale misura cautelare reale, è quello di sottrarre, al soggetto agente, la disponibilità di beni e sostanze economiche.
Ciò laddove si configuri il pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa rendere maggiormente gravose (o protrarre) le conseguenze del medesimo reato; ovvero agevolare la commissione di ulteriori illeciti.
L’obiettivo, dunque, è il “congelamento” dei beni attinenti al reato; ciò anche in una prospettiva “prognostica” rispetto ad un’eventuale successiva confisca dei medesimi.
In tema di reati tributari, nella prassi, risulta di difficile attuazione il coordinamento fra il sequestro dei beni economici (ampiamente intesi: denaro, conti corrente et similia) appartenenti alla società e la responsabilità penale del legale rappresentante (o del socio) che ha concretamente posto in essere la condotta delittuosa.
Un coordinamento che, spesso, sfugge a logiche “rigoristiche”; ciò in quanto, nell’intento di sottrarre la disponibilità economica dei beni attinenti al reato, il sequestro finisce per colpire “oggetti” e “soggetti”, in realtà, estranei all’illecito contestato.
Tale circostanza risulta oggetto di una recente pronuncia della Corte Suprema di Cassazione; la quale, nella sentenza n. 24666/2021 (depositata in data 24.6.2021), ha statuito in merito all’illegittimità del sequestro del conto corrente di una società per fatti commessi dal legale rappresentante in relazione ad altro e diverso soggetto giuridico.
Il sequestro era stato disposto sulla base della delega ad operare sul conto corrente societario conferita all’indagato; ciò nonostante l’estraneità della società ai fatti contestati a quest’ultimo.
I Giudici di legittimità, dunque, hanno rielaborato il concetto di “disponibilità” ai fini dell’applicazione dell’istituto del sequestro preventivo; al fine di precludere un congelamento tout court delle sostanze economiche appartenenti a soggetti estranei alle condotte perseguite.
E’ necessario, infatti, che vi siano delle circostanze fattuali dalle quali desumere una relazione immediata e diretta fra il titolare ed i beni “congelati”; non potendo, la medesima, discendere solo ed esclusivamente dalla delega ad operare sul conto corrente.
Tale delega, lungi dall’integrare una piena titolarità delle somme presenti sul conto corrente, deve essere supportata da più pregnanti elementi indicatori della piena disponibilità delle predette somme da parte del soggetto agente.
L’amministratore, infatti, seppur destinatario di un mandato ad agire sui conti societari, assume un ruolo di “mero esecutore” nell’ambito degli obblighi contrattuali che lo legano alla persona giuridica; essendo preclusa, a quest’ultimo, una gestione “effettiva” (consistente ad esempio: nella disposizione del saldo; nel prelievo di importi a titolo personale; nell’effettuazione di operazioni estranee all’ambito ed alle finalità societarie).
A tal fine, assume un ruolo fondamentale l’esame del contenuto della delega in favore dell’indagato nell’ambito societario; così da comprenderne la portata effettiva ed i rispettivi limiti.
Sulla scorta di tali considerazioni, la pronuncia in oggetto si discosta dai precedenti giurisprudenziali invocabili sul punto; i quali riguardano ipotesi in cui gli indagati, anche se titolari di delega ad operare, non rivestono alcun ruolo formale all’interno della società intestataria dei conti correnti sequestrati.
La Corte di Cassazione ha disposto, dunque, l’illegittimità del sequestro nei confronti dei conti correnti della società di cui l’indagato era il legale rappresentante (per fatti riguardanti altro soggetto giuridico); stante la mancanza del presupposto della “disponibilità” dei beni.
Vengono così poste, in concreto, barriere ad una applicazione “estensiva” delle misure cautelari preventive; al fine di non irrigidire ancor di più un sistema penale tributario già aspramente sanzionatorio.
Avv. Giovanna BRATTI
Avv. Davide TORCELLO
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