Newsletter, n. 33 / NOVEMBRE 2020, di Confindustria CH-PE a cura dello Studio Legale Tributario Torcello.
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L’illegittimità dell’atto impoesattivo notificato senza l’avvio, da parte dell’Ufficio, del cd. contraddittorio preventivo con il contribuente, costituisce un tema di assoluto interesse; con particolare riferimento alle ipotesi in cui l’emissione di tali atti avvenga in violazione di quanto disposto dall’art. 12 della L. n. 200/2012 (cd. Statuto del contribuente).
Tale disposizione, infatti, prevede la possibilità per il contribuente, entro il termine di 60 giorni dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni (cd. P.V.C.) da parte degli organi di controllo, di presentare osservazioni e richieste all’Ufficio, in merito ai fatti oggetto di verifica fiscale. La violazione di tale termine comporta l’illegittimità dell’avviso di accertamento notificato al contribuente; ad eccezione dei casi di particolare e di motivata urgenza.
Sul punto, occorre segnalare due pronunce giurisprudenziali; le quali, in tempi recenti, sono tornate ad affrontare il tema, in relazione alle conseguenze derivanti dal mancato avvio del cd. contraddittorio preventivo nel termine di 60 giorni di cui al predetto art. 12 del cd. Statuto del contribuente.
La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, nella sentenza n. 1539/26/2019, ha sanzionato l’eccessiva rapidità di azione dell’Agenzia delle Entrate; che, in un caso di cessione di ramo d’azienda, aveva notificato un avviso di liquidazione delle imposte di registro (calcolato sul maggior presunto avviamento relativo alla cessione) al cedente ed al cessionario (obbligati in solido ex art. 57 del D.P.R. n. 131/1986). Ciò prima della scadenza del termine di 60 giorni dal rilascio del cd. P.V.C. da parte della Guardia di Finanza, che aveva condotto le verifiche fiscali in azienda.
I Giudici di secondo grado hanno, dunque, censurato, anche con riferimento all’imposta di registro, la violazione dell’obbligo, in capo all’Ufficio, di attivare il cd. contraddittorio preventivo; la cui mancata instaurazione aveva determinato un’insanabile lesione del diritto di difesa del contribuente e, conseguentemente, l’illegittimità dell’avviso di liquidazione.
È bene precisare, tuttavia, che si tratta di una pronuncia avente ad oggetto una fattispecie concreta “particolare”; in quanto, nella maggior parte dei casi, gli avvisi di liquidazione delle imposte di registro ed ipocatastali non sono preceduti da verifiche fiscali da parte degli organi di controllo.
Di ulteriore interesse risulta essere la recentissima ordinanza n. 26650 depositata lo scorso 24 novembre 2020; con la quale la Suprema Corte di Cassazione, ritenendo fondate le ragioni di particolare urgenza dedotte dall’Agenzia delle Entrate, ha dichiarato la legittimità dell’avviso di accertamento emesso prima dei 60 giorni dalla consegna del P.V.C..
I Giudici di legittimità hanno ravvisato, nella fattispecie in esame, il ricorrere di quelle circostanze di “particolare e motivata urgenza” di cui all’art. 12 del cd. Statuto del contribuente; che giustificano l’emissione ante tempus dell’atto impositivo, senza l’avvio di un dialogo preventivo con il contribuente.
La rilevanza penale delle violazioni tributarie commesse dal contribuente e la partecipazione di quest’ultimo ad una frode fiscale, nello specifico, sono state ritenute idonee a giustificare l’operato dell’Amministrazione finanziaria.
Ebbene, quanto sopra illustrato deve necessariamente essere letto alla luce di quanto disposto, da ultimo, dal Legislatore in tema di dialogo preventivo fra il Fisco ed il contribuente.
L’obbligo generalizzato dell’instaurazione del cd. contraddittorio endoprocedimentale, infatti, è stata previsto normativamente solo a partire dal 30 giugno 2019; data di entrata in vigore del nuovo art. 5 – ter del D. Lgs. n. 218/1997 (introdotto dal D.L. 30 aprile 2019 n. 34; convertito nella L. n. 58/2019).
Sul punto, è intervenuta, con la circolare n. 17/E del 22 giugno 2020, l’Agenzia delle Entrate; la quale ha chiarito che tale obbligo interessa gli accertamenti in materia di imposte sui redditi (e le relative addizionali); di imposte sostitutive; di imposta regionale sulle attività produttive; di imposta sul valore aggiunto; di contributi previdenziali; di ritenute; di imposte sul valore degli immobili nonché sulle attività finanziarie svolte all’estero.
Secondo la disposizione in esame, il cd. contraddittorio preventivo con il contribuente deve essere instaurato in tutte le ipotesi in cui non sia stata rilasciata copia del cd. P.V.C. da parte degli organi di controllo; salvo i casi di particolare urgenza (da motivare nello specifico) che giustificano l’emissione diretta dell’avviso di accertamento da parte dell’Ufficio.
In ogni caso, facendo salve le disposizioni che già prevedono l’avvio del dialogo preventivo, spetta al contribuente fornire la cd. prova di resistenza (indicando le concrete ragioni che avrebbe potuto addurre laddove il contraddittorio fosse stato effettivamente instaurato); al fine di ottenere l’invalidità dell’avviso di accertamento (e/o atto impoesattivo).
Non ci resta, dunque, che attendere i risvolti concreti di tale normativa; con un particolare sguardo alle modalità di applicazione che effettuerà l’Agenzia delle Entrate ed ai canoni interpretativi che adotterà la giurisprudenza chiamata a valutare l’operato dell’Ufficio.
Dott.ssa Ida Salerno Avv. Davide Torcello
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