Newsletter, n. 35 / DICEMBRE 2020, di Confindustria CH-PE a cura dello Studio Legale Tributario Torcello.
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In materia di reati tributari, con particolare riguardo a quelli omissivi, il diritto di difesa del contribuente costituisce da sempre un tema molto discusso fra gli operatori del settore; soprattutto con riferimento alle modalità di assolvimento, per l’imputato-imprenditore, dell’onere probatorio su di lui incombente.
In particolare, nell’attuale periodo di congiuntura economica sfavorevole, la crisi dell’impresa può assumere rilevanza per l’imputato; ciò al fine di dimostrare, in sede di processo penale, la propria impossibilità di far fronte regolarmente ai versamenti tributari dei quali si ragiona.
Sul punto, occorre segnalare la recente sentenza n. 35696 della Corte Suprema di Cassazione, depositata lo scorso 14 dicembre; la quale si è espressa in relazione al reato di omesso versamento IVA ai sensi dell’art. 10 ter del D. Lgs. n. 74/2000.
Nel caso di specie, l’imprenditore lamentava, in sede di giudizio di legittimità, l’omessa valutazione, da parte della Corte territoriale di secondo grado, delle prove addotte nel processo; le quali avrebbero attestato lo stato di crisi economica che stava attraversando, al momento di contestazione del reato, la società nella quale l’imputato rivestiva il ruolo di legale rappresentante.
L’omesso versamento dell’imposta, secondo la ricostruzione offerta dalla difesa dell’imputato, era dovuto unicamente all’impossibilità di fronteggiare l’assenza di flussi di cassa; causata dall’inadempimento contrattuale dei clienti della società, nonché dalla mancata sottoscrizione, da parte dell’istituto bancario, di un accordo transattivo a titolo di piano di rientro per l’esposizione debitoria dell’azienda (anche attraverso la prestazione, da parte del legale rappresentante, di garanzie personali).
La crisi di liquidità dell’impresa, dunque, veniva invocata dal contribuente quale causa di forza maggiore (e, di conseguenza, di esclusione dell’intento doloso nella condotta) per il mancato versamento dell’IVA; crisi determinata dall’interazione di fattori imprevedibili ed inevitabili, sia oggettivamente che soggettivamente.
A tal proposito, la difesa dell’imputato contestava la mancata valutazione, ai fini dell’assoluzione, della testimonianza del consulente fiscale della società; il quale aveva confermato il dissesto economico dell’azienda determinato, tra l’altro, dal mancato incasso di numerosi crediti societari.
Secondo la Suprema Corte di Cassazione, dunque, occorreva valutare concretamente gli elementi allegati dall’imputato; i quali consentivano di dimostrare, in giudizio, l’entità della crisi di impresa, le cause della medesima e l’impossibilità di fronteggiarla mediante l’adozione di idonee procedure (fra le quali, assumeva rilevanza quella del ricorso al credito bancario).
Nella fattispecie in esame, i Giudici di legittimità rilevavano che l’imputato aveva fornito effettiva prova (mediante le allegazioni documentali e le dichiarazioni testimoniali del consulente) della portata del dissesto aziendale; delle motivazioni a sostegno della cessazione dell’attività di impresa nonché del tentativo (poi fallito) di ricorrere alla ristrutturazione dei debiti bancari.
Ciò si era rivelato sufficiente a giustificare l’omesso versamento IVA; così determinando la mancata punibilità dell’imputato per il reato omissivo di cui all’art. 10 ter del D. Lgs. n. 74/2000.
È evidente la rilevanza che ricopre, nell’attuale momento storico, la pronuncia in commento; stante il periodo di difficoltà economica che stanno attraversando numerose realtà imprenditoriali presenti sul territorio nazionale.
La sentenza in esame, infatti, apre un importante spiraglio in merito alla possibilità di individuare la crisi economica quale “esimente” delle condotte dell’imprenditore anche sotto il profilo penale.
Il dissesto societario – laddove non costituisca un mero elemento pretestuoso, indebitamente addotto dall’imprenditore per venir meno ai propri obblighi di versamento – può essere invocato quale causa di esclusione della responsabilità penale del contribuente in tema di reati tributari.
Anche il consulente fiscale dell’azienda, dunque, è chiamato a svolgere un ruolo fondamentale; non solo nella fase di “rilevazione” tempestiva della crisi societaria ma anche in una fase successiva (e giudiziale). Ciò mediante l’attestazione della “fondatezza” del dissesto, delle cause scatenanti e dell’impossibilità di fronteggiarla mediante le procedure “canoniche”.
Dott.ssa Ida Salerno Avv. Davide Torcello
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