Newsletter n. 11 / Maggio 2021
a cura dello Studio Legale Tributario Torcello in collaborazione con Confindustria Chieti Pescara
Questa newsletter porta la firma dell’Avvocato Giovanna BRATTI e dell’Avvocato Davide TORCELLO
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Il Legislatore, infatti, dapprima nel 2015 (con il D. Lgs. n. 158/2015) e poi nel 2019 (con il D.Lgs. n. 142/2019) ha mostrato un’evidente volontà di rafforzare il regime sanzionatorio in relazione ai reati tributari di cui al D. Lgs. n. 74/2000.
Ciò, ad esempio, mediante l’introduzione della confisca cd. allargata (al fianco di quella obbligatoria) o, ancora, mediante l’introduzione di cause di punibilità condizionate all’integrale pagamento del debito tributario.
In tale ottica, dunque, deve essere letto il nesso, sempre più stretto, che si è andato ad instaurare fra l’istituto del sequestro (in funzione cautelare) e quella della confisca (in funzione punitiva). Un rapporto di strumentalità che porta entrambe le misure (l’una prima, in sede di indagini preliminari; e l’altra dopo, in sede di eventuale condanna) a “colpire” il profitto del reato.
In particolare, il sequestro preventivo di cui all’art. 231 c.p.p. può essere disposto, anche nel corso delle indagini preliminari, laddove si configuri il pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa render maggiormente gravose (o protrarre) le conseguenze del medesimo reato; ovvero agevolare la commissione di ulteriori illeciti. Misura che può applicarsi anche ai beni di cui è consentita la confisca.
Si tratta di una misura cautelare di natura reale che consente di “congelare” i beni attinenti al reato; in un’ottica funzionale rispetto alla successiva confisca dei medesimi beni.
Dubbi interpretativi rimangano nelle ipotesi in cui l’ “oggetto” della misura sia il denaro od altro bene fungibile.
Tale tema è stato sviscerato dalla Suprema Corte di Cassazione; la quale, nella recente pronuncia n. 19163/2021 dello scorso 8 aprile, ha chiarito il rapporto fra i due istituti con particolare riferimento ai reati tributari.
In tale occasione, è stata sancita la legittimità del sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta delle somme giacenti sul conto corrente del contribuente; nella misura corrispondente al risparmio di imposta (illegittimamente) ottenuto.
Nello specifico, è stato chiarito che laddove oggetto della misura cautelare sia costituito dal denaro (o da altro bene fungibile; idoneo a “commistionarsi” con il patrimonio del soggetto destinatario), il nesso di strumentalità tra il bene oggetto della misura ed il reato si differenzia. Ciò a seconda che il sequestro preventivo sia finalizzato:
alla confisca diretta: in tale ipotesi, si colpisce il bene rappresentante il beneficio derivato dalla condotta illecita (in altre parole: il prezzo o il provento del reato);
confisca per equivalente: in tal caso, si sottrae, alla disponibilità del soggetto, qualunque bene (indipendentemente da un legame di pertinenzialità al reato) avente un valore pari al prezzo o profitto dell’illecito.
I Giudici di legittimità, alla luce di tale distinzione, hanno sancito la legittimità del sequestro preventivo funzionale alla confisca diretta avente ad oggetto le somme convogliate (a qualsiasi titolo) sul conto corrente intestato al contribuente (nel caso di specie una ONLUS) al momento della violazione tributaria.
Ciò in quanto il denaro sottoposto a vincolo cautelare deve qualificarsi come “profitto accrescitivo”: ossia, costituito da quelle somme che erano già nella disponibilità del soggetto (o confluite nei conti correnti o nei depositi bancari riconducibili al medesimo) all’epoca della commissione del reato o, in ogni caso, a quella dell’accertamento dello stesso.
Il nesso di strumentalità è stato così ritenuto sussistente per effetto della commistione del patrimonio del soggetto con il profitto del reato (consistente, come detto, per i reati tributari, nel risparmio di imposta).
Sulla scorta di tale pronuncia, dunque, non potrebbe assumere alcuna rilevanza la “confusione” fra le somme confluite sul conto corrente in seguito al risparmio di imposta (ottenuto in caso di commissione di illeciti fiscali) e quelle giacenti sul medesimo conto corrente per “altre cause” (anche se lecite).
La prospettiva “sanzionatoria – afflittiva” che parrebbe imporsi sullo scenario penale tributario (quantomeno nelle ultime pronunce giurisprudenziali) non fa presagire nulla di buono per gli imprenditori.
Sembra prevalere, infatti, più la “via del bastone” rispetto alla “via della carota”.
Avv. Giovanna BRATTI
Avv. Davide TORCELLO
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