Newsletter, n. 02 / GENNAIO 2021, di Confindustria CH-PE a cura dello Studio Legale Tributario Torcello.
Scarica gratuitamente l’articolo in formato PDF.
La Corte Suprema di Cassazione, terza sezione penale, con la recentissima sentenza n. 2901/2021 (depositata in data 25 gennaio 2021), in relazione al reato di “omesso versamento di ritenute dovute o certificate” (previsto e punito dall’art. 10 – bis del D. Lgs. n. 74/2000) ha statuito che possa negarsi l’applicabilità dell’esimente della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto; ciò qualora la soglia di punibilità prevista venga superata, anche se “di poco”.
La vicenda sottoposta al vaglio del Supremo Collegio, qui in commento, muoveva dall’impugnazione, avanzata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Urbino, avverso una sentenza di assoluzione; emessa dal Tribunale della medesima cittadina, nel novembre del 2019, nei confronti di un imprenditore.
In via di estrema sintesi, si fa presente che, nel corso del precedente grado di giudizio, il Tribunale di Urbino (pur avendo riconosciuto la colpevolezza dell’imprenditore per i reati di omesso versamento di ritenute dovute o certificate negli anni 2012 e 2013), ne aveva dichiarato la non punibilità; questo a seguito della ritenuta particolare tenuità del fatto.
Come noto, l’art. 10 – bis del D. Lgs. n. 74/2000 sanziona, con la pena della reclusione da sei mesi a due anni, chiunque non versi, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, le ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti; ciò ove l’ammontare del mancato versamento in questione risulti superiore a €150.000,00 per ciascun periodo d’imposta.
Dal canto suo, l’istituto dell’esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto (disciplinato dall’art. 131- bis del codice penale) contempla che, nei reati per i quali sia prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni (ovvero la pena pecuniaria, da sola o congiunta con la prima), la punibilità sia esclusa; ciò quando per le modalità di condotta e per l’esiguità del danno (o del pericolo) l’offesa risulti di particolare tenuità ed il comportamento non risulti essere abituale.
La citata previsione penale – tributaria, lo si rammenta, prevede anche che le modalità della condotta (nonché l’esiguità del danno o del pericolo arrecato) debbano essere vagliate secondo le previsioni di cui al c. 1 dell’art. 133 codice penale; a tenore del quale, nella valutazione della gravità del reato, il Giudice investito della controversia dovrà valutare, tra gli altri profili citati, la natura del reato, l’oggetto, la gravità del danno cagionato alla persona offesa dal reato, e via discorrendo.
Tornando alla vicenda processuale in esame, a parere del Procuratore della Repubblica, il Tribunale aveva omesso di specificare l’iter logico seguito al fine di pervenire al riconoscimento dell’applicabilità della causa esimente.
Il Giudice, così come sostenuto dal Procuratore, si era limitato a richiamare la giurisprudenza di legittimità intervenuta in materia; per poi concludere che il comportamento dell’imputato non poteva considerarsi abituale.
A detta del Procuratore della Repubblica, pertanto, si era in tale maniera astenuto dall’analizzare tutte le voci di valutazione della gravità del reato perpetrato; così come richiamate dal citato art. 133 cod. pen..
Ed ancora, nessuna valutazione sarebbe stata svolta in ordine all’offensività della condotta mantenuta dall’imprenditore; con riguardo all’importo evaso, rispetto alla soglia di punibilità introdotta dal legislatore.
Le eccezioni così sollevate sono risultate, a conti fatti, vincenti: a tal proposito, la Suprema Corte ha rilevato quanto segue.
Preliminarmente, la Cassazione ha richiamato le modalità attraverso le quali deve svolgersi il giudizio sulla tenuità del fatto; il quale richiede “una valutazione complessa che ha ad oggetto: le modalità della condotta, l’esiguità del danno o del pericolo da essa derivante, e il grado della colpevolezza, ovvero quei requisiti di minima offensività che giustificano la deroga alla, altrimenti doverosa, applicazione della risposta punitiva dello Stato alla loro commissione”.
In merito al superamento della soglia di punibilità prevista, la Suprema Corte, nel richiamare il proprio pregresso orientamento interpretativo, ha altresì precisato che, nelle ipotesi in cui sia stata fissata detta soglia, la “causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto sia applicabile solo nel caso in cui si tratti di violazioni relative ad un ammontare vicinissimo a detta soglia”.
Ciò in considerazione del fatto che “il grado di offensività che dà luogo al reato è già stato valutato dal legislatore nella determinazione della soglia stessa”.
In conclusione, la Corte ha asserito che anche qualora il Giudice investito della decisione dovesse ritenere che il superamento della soglia “non sia di per sé ostativo al riconoscimento della non punibilità per particolare tenuità, ciò non esclude che possano intervenire ulteriori e diversi elementi ostativi, essendo necessaria, in ogni caso, una valutazione globale della fattispecie”.
Dott.ssa Ida Salerno Avv. Davide Torcello
Scarica gratuitamente l’articolo in formato PDF