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Newsletter n. 03 / Febbraio 2022
a cura dello Studio Legale Tributario Torcello in collaborazione con Confindustria Chieti Pescara
Questa newsletter porta la firma dell’Avvocato Davide TORCELLO e dell’Avvocato Giovanna BRATTI.
Il rapporto fra il giudizio tributario e quello penale costituisce, da sempre, uno dei temi più dibattitti; con riferimento, soprattutto, ai reati economici di cui al D.Lgs. n. 74/2000.
La condotta posta in essere dall’imprenditore, infatti, coinvolge spesso entrambi i profili; in quanto una violazione tributaria può (non di rado) sfociare nella commissione di un illecito fiscale.
Il punto nodale è, tuttavia, cercare di comprendere le reciproche influenze fra la sfera penale e quella tributaria; nel tentativo di delineare, il più precisamente possibile, i limiti del “penalmente rilevante”.
Nel solco del cd. principio del doppio binario, che sancisce a gran voce l’autonomia fra i due tipi di procedimenti, si evidenzia come le norme attinenti allo svolgimento del processo (con particolare riferimento alla fase istruttoria) si atteggino in modo diverso in base alla giurisdizione adita.
L’accertamento in sede tributaria segue, infatti, criteri e finalità distinte rispetto all’azione penale; la quale, lungi dal limitarsi alla verifica di eventuali irregolarità fiscali, si pone l’obiettivo di censurare gli inadempimenti tributari che siano confluiti in vere e proprie condotte delittuose.
Un terreno insidioso che pone, a volte, a dura prova la tenuta di una “rigida” divisione (ed autonomia) fra la sfera tributaria e quella penale; sfere il cui dialogo (fisiologico) non si può sempre sottacere.
Per tale motivo, la giurisprudenza di legittimità si è a più riprese pronunciata sul punto; fissando di volta in volta dei principi, a cui orientare il predetto dialogo fra i due ambiti di accertamento.
Da ultimo, occorre segnalare la recente sentenza n. 2245/2022 depositata il 20.1.2022; con la quale la Corte di Cassazione si è espressa su un caso di violazione dichiarativa, che aveva dato luogo al corrispondente reato tributario ex art. 4 del D. Lgs. n. 74/2000 (con contestuale approfondimento della connessioni – ed anche i contrasti – fra i due tipi di procedimento).
In particolare, nella fattispecie analizzata nella predetta sentenza, nelle more della definizione del procedimento penale, si era pronunciata, in senso favorevole all’Agenzia delle Entrate, la C.T.R; innanzi alla quale il contribuente/imprenditore aveva impugnato gli avvisi di accertamento aventi ad oggetto i medesimi fatti contestati in sede penale.
Sul punto, la Suprema Corte, richiamando il cd. principio del ne bis in idem (come cristallizzato anche, a livello internazionale, nella cd. CEDU; e nelle relative pronunce della Corte di Giustizia), ha statuito che tra una violazione tributaria di dichiarazione infedele ed il corrispondente reato penalmente perseguibile, non è possibile ritenere l’esistenza di un rapporto di specialità.
Ciò in quanto, contrariamente da quanto avviene nel contezioso tributario, la fattispecie incriminatrice richiede il dolo specifico ed il superamento della cd. soglia penale (che delimita, dal punto di vista quantitativo, l’area del “penalmente rilevante”). Elementi non necessari, invece, per l’accertamento fiscale.
Del resto, la condotta richiesta è differente:
in sede amministrativa: è sufficiente l’indicazione, da parte del contribuente, di un reddito o di un’imposta inferiore rispetto al dovuto;
in sede penale: assumono rilevanza solo gli elementi attivi e/o passivi fittizi che concorrono alla formazione del reddito.
A dire della Cassazione, non si ravvisa una sovrapposizione “formale” tra le due fattispecie; con ciò precludendo un rapporto di specialità tra le due violazioni (che avrebbe comportato l’irrogazione della sola sanzione speciale).
Piuttosto, parrebbe individuarsi una sovrapposizione “sostanziale”: la dichiarazione infedele violerebbe, contestualmente, due previsioni, diversamente sanzionata fra loro. Ciò, in ogni caso, non comporterebbe la violazione del predetto principio del ne bis in idem; dato che, nel caso di specie, era simultanea la pendenza del processo penale e di quello tributario (dovendosi invocare la violazione di tale principio solo in caso di sentenza definitiva di assoluzione o condanna).
Infine, la Corte di Cassazione, attribuendo rilevanza alla connessione temporale fra i due procedimenti (che erano quasi stati avviati contemporaneamente) e l’identità del soggetto passivo (contribuente/imputato), ha rimodulato la sanzione penale alla luce delle risultanze ottenute nel processo tributario. Con ciò valorizzando un giudizio di proporzionalità fra il trattamento sanzionatorio dei due diversi procedimenti; con conseguente rideterminazione della pena.
Un altro importante tassello si aggiunge, dunque, all’annosa questione dei rapporti fra accertamento penale ed accertamento tributario.
Avvocato Davide TORCELLO
Avvocato Giovanna BRATTI
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