Newsletter n. 16 / Settembre 2021
a cura dello Studio Legale Tributario Torcello in collaborazione con Confindustria Chieti Pescara
Questa newsletter porta la firma dell’Avvocato Giovanna BRATTI e dell’Avvocato Davide TORCELLO
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Si fa un gran parlare, in questi ultimi giorni, della riforma del catasto di prossima realizzazione; che, in teoria, dovrebbe (il condizionale è quanto mai opportuno) trovare spazio nell’agenda politica dei tempi a venire.
I più attenti ricorderanno certamente che già sette anni orsono, durante le prime fasi del Governo allora guidato da Matteo Renzi, se ne era ampiamente discusso. Si era, in quel caso, ad inizio della primavera 2014.
All’epoca, tale intenzione “riformatrice catastale” aveva trovato spazio nell’intricato art. 2 della “Legge Delega” (L. n. 23/2014); rubricato, per l’appunto, “Revisione del catasto dei fabbricati”.
Quest’ultimo prevedeva, in via di estrema sintesi, una delega in favore del Governo finalizzata ad attuare la revisione della disciplina relativa al sistema estimativo del catasto dei fabbricati; con l’attribuzione, alle unità immobiliari interessate, dei relativi valori patrimoniali e delle relative rendite.
Ciò, si capisce, nel rispetto dei principi dettagliatamente illustrati proprio dall’art. 2; alla cui lettura, per i più volenterosi, si rimanda per ragioni di brevità.
Come noto, all’epoca non se ne fece nulla.
Oggi, la medesima questione è tornata di stringente attualità; con una fetta consistente delle compagini politiche “di governo” che si dichiara contraria – per ragioni elettorali agevolmente intuibili – ad aumenti di sorta della pressione impositiva sul comparto immobiliare.
E’ chiaro, dunque, che sulla possibilità di contenere un probabile aumento della tassazione in questione (tendenzialmente sgradito agli elettori) si giocherà la partita della politica nostrana.
Tuttavia, è interessante operare a latere una brevissima panoramica; con particolare riguardo a quali siano i vizi riscontrabili, con maggior frequenza, proprio negli avvisi di accertamento catastali emessi da parte delle Direzioni Provinciali dell’Agenzia delle Entrate.
Questi ultimi, alla luce di quanto appreso “sul campo” dagli scriventi nell’esercizio della professione forense, tendono infatti a ripetersi indistintamente da Nord a Sud; incappando, spesso e volentieri, nelle giuste censure delle Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali della Penisola.
Vediamo, brevemente, di che si tratta.
Sovente, gli Uffici non si premurano di individuare i fabbricati siti nelle stesse zone di quelli accertati catastalmente (magari già validati in precedenza dalla medesima AE); ciò nonostante essi siano ritenuti dotati – quantomeno dagli Uffici – di una “struttura simile” agli immobili oggetto di accertamento catastale, venendo sfruttati proprio come termini di paragone per gli accertamenti dell’Amministrazione finanziaria.
Infatti, è abitudine inveterata delle Direzione Provinciali fare esplicito riferimento, ai fini dell’accertamento catastale, agli “immobili ubicati nella stessa zona”; così come alle “analoghe caratteristiche”, che questi ultimi condividerebbero con quelli di proprietà dei contribuenti accertati.
Tali termini di paragone (asseritamente sfruttati, da parte dell’A.E., per la comparazione di suolo e fabbricati accertati catastalmente) rimangono però, il più delle volte, avvolti da una fitta coltre di mistero.
Capita infatti che dell’individuazione degli immobili usati come “parametro di riferimento” ai fini della comparazione di cui sopra; nonché della specificazione della relativa struttura (ritenuta “simile”) e delle caratteristiche ritenute “analoghe” dagli Uffici, non vi sia negli avvisi di accertamento la minima traccia.
Le problematiche non si arrestano qui.
Possiamo ricordare, a tal proposito, la spiccata propensione del’A.E. a non individuare (oltre che i “fabbricati posti nello stesso comparto”; le “strutture simili” delle quali essi sarebbero dotati; gli “immobili ubicati nella stessa zona”, nonché le relative “analoghe caratteristiche”), neppure i “consolidati prontuari di settore” ai quali, spesso e volentieri, volge il proprio sguardo l’A.E.
Tali famigerati “prontuari”, utilizzati dagli Uffici per procedere alla rettifica del classamento, vengono quasi sempre richiamati nel corpo degli avvisi di accertamento; senza che però si assista alla riproduzione quantomeno degli elementi essenziali delle fonti (in teoria) sfruttate dall’Ufficio per motivare l’atto (o, in ogni modo, all’allegazione – quantomeno per estratto – degli elementi essenziali di dette fonti).
Ciò impedisce al contribuente, proprietario dell’immobile accertato catastalmente, di esercitare in maniera puntuale il proprio diritto di controllo (prima) e di difesa (poi).
Esso non risulta in grado di verificare, infatti, di quali “consolidati prontuari” si tratti; né, tantomeno, se il loro contenuto risulti o meno pertinente rispetto alla fattispecie di interesse.
Spesso controverso, in sede giudiziale, è anche l’aspetto della coincidenza fra quanto proclamato, da parte degli Uffici, relativamente al ricorso al metodo della “stima diretta”; e l’effettivo utilizzo del medesimo in occasione dell’emanazione degli avvisi di accertamento catastali relativi ad immobili in categoria D/8.
In teoria, secondo quanto riportato dagli stessi Uffici in tutti gli avvisi di accertamento, “(…) la determinazione del nuovo classamento e della relativa rendita catastale è stata eseguita per le unità immobiliari censite nelle categorie dei gruppi D ed E con stima diretta (…)”.
In realtà, anche quando le unità immobiliari accertate appartengono alla categoria catastale D/8, non di rado l’utilizzo del metodo della “stima diretta” rimane una mera proclamazione di intenti; non traducendosi, in pratica, nella considerazione delle specifiche caratteristiche che contraddistinguono gli immobili usati quali termini di paragone rispetto a quello accertato.
Il compimento della “stima diretta”, così come riconosciuto dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, dovrebbe infatti prevedere un’effettiva considerazione di tutti quegli elementi tecnici, architettonici, impiantistici, paesaggistici, urbani et similia; che contraddistinguono i fabbricati presi in considerazione da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Troppo spesso, per l’Ufficio, i valori unitari applicati alla consistenza dell’immobile sono invece quelli:
– desunti da altri immobili in teoria ubicati nello stesso comparto / nella stessa zona (non si sa quali);
– aventi in teoria struttura simile / analoghe caratteristiche (non si sa quali);
– tratti in teoria dalla lettura di prontuari di settore (non si sa quali).
Ciò a voler tacere del mancato svolgimento di appositi sopralluoghi presso gli immobili accertati (anche quando vi sia la necessità di assoggettarli ad un procedimento di “stima diretta”); scelta tuttavia avallata dall’orientamento maggioritario della giurisprudenza nomofilattica della Corte Suprema di Cassazione.
Insomma, anche a voler prescindere dalle riforme che verranno o meno, dal punto di vista dell’accertamento lo scenario catastali si rivela già sufficientemente complesso.
Vedremo se, e come, le prospettive di riforma sapranno incidere favorevolmente su questa situazione.
Avv. Giovanna BRATTI
Avv. Davide TORCELLO
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