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Newsletter n. 13 / Settembre 2023
a cura dello Studio Legale Tributario Torcello in collaborazione con Confindustria Chieti Pescara
Questa newsletter porta la firma dell’Avvocato Davide TORCELLO e dell’Avvocato Irene GRAZIOSI.
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Dall’operare congiunto di questi fattori sono scaturite, in danno degli appaltatori impegnati nei “cantieri del 110”, condizioni di impossibilità / eccessiva onerosità sopravvenuta.
La modifica dei presupposti originari, in virtù dei quali era stato inizialmente concluso un contratto di appalto tra le parti, ha spesso reso l’adempimento della parte appaltatrice estremamente difficoltoso/oneroso; poiché sono risultati radicalmente variati i presupposti di base, sui quali si fondavano le valutazioni che le parti avevano compiuto nel momento in cui si erano accordate.
L’impossibilità sopravvenuta si ricollega all’art. 1218 c.c. rubricato (“Responsabilita’ del debitore”); secondo il quale “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta e’ tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo e’ stato determinato da impossibilita’ della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.
L’eccessiva onerosità sopravvenuta si ricollega, invece, agli art. 1467 c.c. e 1664 c.c. Secondo l’art. 1467 c.c., nei contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto. In questo caso, la parte contro cui è demandata la risoluzione del contratto, per evitarla, può offrire di modificare equamente le condizioni del contratto. Secondo l’art. 1664 c.c., invece, “Qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo. Se nel corso dell’opera si manifestano difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti, che rendono notevolmente più onerosa la prestazione dell’appaltatore, questi ha diritto a un equo compenso”.
Mentre nell’art. 1467 c.c. si parla di avvenimenti straordinari ed imprevedibili; nell’art. 1664 c.c. (che riguarda specificamente gli appalti) il codice civile menziona esclusivamente le circostanze imprevedibili (come, ad esempio, nell’ambito in esame; dove la normativa del cd. “Superbonus 110%” è stata modificata circa 20 volte, ed in relazione al quale si è registrato un inaspettato aumento dei prezzi, una difficoltà nel cedere i crediti alle banche nonché l’aumento dei costi di attualizzazione). La differenza è agevolmente spiegabile: mentre nella prima ipotesi si deve giungere ad una soluzione assai grave (quale è quella della risoluzione del contratto), nella seconda si dovrebbe giungere alla sola modificazione del prezzo.
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Il principio della rivedibilità del prezzo si giustifica non solo con evidenti ragioni di giustizia concreta e col principio di solidarietà (che deve prevalere sull’esclusiva considerazione degli interessi singoli), ma anche col fatto che il valore dell’opera compiuta, entrata nel patrimonio del committente, è normalmente in funzione al valore dei materiali e della mano d’opera; di modo che è giusto, in caso di notevoli variazioni di questi elementi (che superino l’alea normale del contratto), variare pure il prezzo dell’opera, lasciandosi in ogni caso immutato il margine di guadagno che l’appaltatore si riprometteva al momento della conclusione del contratto.
Se la regola – base, in materia di appalto, è l’immodificabilità del prezzo (in quanto l’appaltatore che esegue i lavori deve assumersi il rischio economico, ex art. 1655 c.c., dell’eventualità di un costo superiore a quello convenuto); vi sono, all’interno del codice civile, una serie di norme che consentono, in determinate ipotesi, di adeguare il corrispettivo a fronte di una variante progettuale.
Ciò, a maggior ragione, nei casi in cui si siano registrati accadimenti quali quelli già esaminati: un continuo mutamento della normativa di riferimento; un aumento dei prezzi dei materiali impiegati nei cantieri da parte degli appaltatori, nonché una maggiore difficoltà di procedere alla cessione del credito nei confronti delle banche e dall’aumento dei relativi costi di attualizzazione.
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Peraltro, come noto, è imminente la “scadenza” del 31.12.2023; data oltre la quale i condomini non potranno più beneficiare delle percentuali maggiormente vantaggiose del cd. “Superbonus 110%”. Assodato che i blocchi dei cantieri comporterebbero svantaggi pratici innanzitutto per i condòmini (che, concretamente, finirebbero con l’essere costretti a farsi carico dei maggiori costi che risultassero non agevolati fiscalmente); posto che l’instaurazione di un giudizio (da una parte o dall’altra) comporterebbe, oltre che l’alea ad esso connaturata, anche un notevole dispendio di tempo – soldi – energie, il tentativo di addivenire ad una soluzione stragiudiziale potrebbe risultare quanto mai opportuno.
Nel caso di giudizio, invece, toccherà a ciascuna delle parti far valere le proprie ragioni; ciò in un ambito nel quale, ad oggi, si registrano ancora pochissime sentenze.
Avvocato Davide TORCELLO
Avvocato Irene GRAZIOSI
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