Scarica gratuitamente l’articolo in formato PDF.
Newsletter n. 09 / Giugno 2023
a cura dello Studio Legale Tributario Torcello in collaborazione con Confindustria Chieti Pescara
Questa newsletter porta la firma dell’Avvocato Davide TORCELLO e dell’Avvocato Irene GRAZIOSI.
L’erronea intestazione al condominio delle fatture e/o delle comunicazioni legate al cd. “Superbonus 110%” integra un errore sostanziale, in grado di determinare la non spettanza della detrazione; con conseguente necessità di riversare all’Erario quanto compensato a seguito di sconto fattura.
La “buona notizia”, si fa per dire, è che la sanzione da applicare è ridotta rispetto a quella che sarebbe da versare in caso di credito inesistente.
Il fatto.
Dopo avere effettuato su un condominio lavori trainanti e trainati rientranti nell’agevolazione del cd. “Superbonus 110%”, nel 2022 l’istante ha utilizzato in compensazione la quota annuale di credito d’imposta; che gli sarebbe spettata a seguito dell’applicazione dello sconto in fattura. Una volta effettuata la necessaria comunicazione di cessione del credito all’Agenzia delle Entrate, però, questa ne ha annullato gli effetti; evidenziando un errore di compilazione nelle fatture e nella comunicazione per l’opzione. La società, infatti, aveva intestato tale documentazione esponendo un codice fiscale che non corrispondeva a quello del condominio su cui i lavori erano stati eseguiti. Pertanto, l’istante aveva annullato la comunicazione di cessione, in ottemperanza alla circolare 33/2022 (par. 5.3).
Sulle conseguenze.
Il risultato è che tale annullamento comporta il venir meno del credito ed il conseguente obbligo di riversare il credito compensato all’erario.
In merito a quale sia l’entità della sanzione da applicare alla somma suddetta, di seguito si chiarisce tale aspetto.
Come spiega l’Agenzia delle Entrate nell’interpello sopra citato, se il credito è da considerare “inesistente”, si applicherà una sanzione dal 100% al 200% dell’ammontare (ex D. Lgs. n. 471/1997, art. 13 c. 5). Nel caso in cui, invece, il credito sia “non spettante”, la sanzione scende al 30% (c. 4).
Per l’Agenzia, dunque, l’istante ha compensato un credito non spettante (ipotesi meno grave); considerato che, per definire inesistente un credito, devono ricorrere entrambi i seguenti requisiti: “(…) 1)deve mancare il presupposto costitutivo (il credito non emerge dai dati contabili, finanziari o patrimoniali del contribuente); 2) l’inesistenza non deve essere riscontrabile con controlli automatizzati o formali (…)”.
“Ne deriva”, prosegue l’Agenzia, “che se manca uno di tali requisiti, il credito deve ritenersi non spettante”.
I lavori, nel caso di specie, sono stati realmente eseguiti ed è dunque presente il presupposto costitutivo del credito.
Tuttavia, richiamando la precedente circolare n. 33/2022, l’Agenzia delle Entrate ricorda che “(…) l’errore o l’omissione relativo a dati della comunicazione che incidono su elementi essenziali della detrazione spettante e, quindi del credito ceduto, può essere definito sostanziale (ad esempio, è un errore sostanziale l’errata indicazione del codice dell’intervento da cui dipende la percentuale di detrazione spettante e/o il limite di spesa, oppure del codice fiscale del cedente) (…)”.
Al momento della compensazione, quindi, il credito era “non spettante”; a nulla rilevando il fatto che il fornitore abbia poi proceduto ad inviare una nuova comunicazione (corretta) di cessione.
Una magra consolazione, dunque, per il fornitore; il quale, a fronte di un errore sul codice fiscale, dovrà versare (unitamente alla somma compensata) la sanzione del 30%, così come disposta dall’art. 13 c. 4 del D. Lgs. n. 471/1997 (che punisce l’“utilizzo di un credito d’imposta esistente in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti”).
Avvocato Davide TORCELLO
Avvocato Irene GRAZIOSI
Scarica gratuitamente l’articolo in formato PDF.