Newsletter, n. 06 / Marzo 2021, di Confindustria CH-PE a cura dello Studio Legale Tributario Torcello.
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LE RICHIESTE DI PAGAMENTO DEI CONTRIBUTI CONSORTILI AVANZATE, NEI CONFRONTI DEI TITOLARI DI IMMOBILI EXTRAGRICOLI, DA PARTE DEL CONSORZIO
Questione assai dibattuta nel recente passato – ed ancora estremamente attuale – è quella della presunta debenza, da parte delle imprese titolari di immobili posti nel perimetro del comprensorio del “Consorzio di Bonifica Sud”, dei contributi annuali extragricoli; ad esse richiesti dal Consorzio a partire dal biennio 2018 – 2019.
Come noto, la vicenda traeva origine dall’invio di “Avvisi di pagamento” per le annualità 2018 – 2019, da parte del Consorzio, alle aziende che avessero le proprie sedi (piuttosto che i propri stabilimenti e/o i propri magazzini) nell’ambito territoriale di competenza consortile.
Tali “Avvisi di pagamento”, ove non saldati, sono stati successivamente seguiti dai relativi “Avvisi di notifica”, sempre riferiti al biennio 2018 – 2019 (atti autonomamente impugnabili, entro sessanta giorni dalla notifica, innanzi la competente Commissione Tributaria Provinciale).
Ancor più di recente si è registrato l’invio, da parte del Consorzio all’indirizzo dei medesimi destinatari, di analoghi “Avvisi di pagamento”; questa volta relativi all’annualità 2020.
E’ chiaro che il tema, oggi come ieri, è quanto mai rilevante; stante la diffusa convinzione, nel ceto imprenditoriale (e non solo), dell’iniquità dell’attuazione di tale prelievo tributario nei confronti dei soggetti proprietari di beni immobili siti all’interno del cd. “perimetro di contribuenza” del Consorzio.
LA NORMATIVA NAZIONALE, QUELLA REGIONALE E GLI ATTI INTERNI SFRUTTATI DAL CONSORZIO NELL’AVANZAMENTO DELLE PROPRIE PRETESE
In via di estrema sintesi, le ragioni fatte valere dal Consorzio possono riassumersi come segue.
Facendo leva sulla previsione dell’art. 860 del C.C., nonché su altre (vetustissime, ma ancora vigenti) disposizioni normative (gli artt. 10, 11 e 59 del R.D. n. 215/1933; l’art. 125 del R.D. n. 368/1904), il Consorzio ritiene di potere avanzare la propria pretesa contributiva nei confronti dei proprietari di beni immobili (anche extragricoli) siti all’interno del proprio perimetro di comprensorio; ritenendo che essi godrebbero, per il solo fatto di essere ivi ricompresi, del “beneficio” richiesto da tutte le disposizioni normative menzionate.
A livello di normativa regionale, invece, rileverebbe in tal senso la previsione dell’art. 12 della L.R. n. 36/1996.
Il Consorzio, nell’esercizio delle proprie pretese, si “appoggia” anche: I) al “Piano di Classifica e Riparto della Contribuenza”, approvato il 29.12.2008; II) al “Verbale di deliberazione commissariale” del 18.6.2019; III) allo Statuto del Consorzio, approvato il 26.11.2020.
Particolare interesse meritano gli ultimi tre atti citati.
I) Il “Piano di Classifica e Riparto della Contribuenza”, nel richiamare la normativa nazionale già citata, sancisce che “ai fini della legittimazione del potere impositivo del Consorzio, è necessario che ricorrano due soli presupposti: 1. l’inclusione degli immobili nel perimetro di contribuenza; 2. La configurabilità di un beneficio ai beni immobili medesimi come conseguenza delle opere di bonifica (…) sufficiente, per l’assoggettabilità al potere impositivo, la configurazione dei due predetti presupposti di legge e, dall’altro, conseguentemente, insufficiente la presenza di uno solo di essi, essendo fra loro in rapporto di imprescindibile concorrenza”.
Ne deriva, nell’opinione dello scrivente, che ove non fosse in realtà riscontrabile la sussistenza di tale “beneficio”, la richiesta di versamento dei contributi consortili risulterebbe illegittima; ciò alla luce della previsione dello stesso “Piano di Classifica e Riparto della Contribuenza” del Consorzio.
Del resto, la necessità della presenza di tale “beneficio” è stata a suo tempo confermata anche dalla sentenza n. 188/2018 della Corte Costituzionale; che aveva dichiarato l’incostituzionalità dell’originario art. 23 c. 1 lett. a della L.R. Calabria n. 11/2003, laddove prevedeva la corresponsione del contributo, in favore del Consorzio, “indipendentemente dal beneficio fondiario“.
Ciò che inizialmente si legge, nel “Piano” in esame, a proposito del concetto di “beneficio” (“il Consorzio è pertanto investito (…) di funzioni e compiti discrezionali e perequativi che si sostanziano nella valutazione comparativa dei rispettivi vantaggi, attuali o futuri, diretti ed indiretti e della conseguente ripartizione parcellare fra i soggetti chiamati alla contribuenza”), non brilla onestamente per chiarezza.
Proseguendo nella lettura del “Piano” in questione, si apprende dal paragrafo “Beneficio di Bonifica” ch’esso si configurerebbe quale “vantaggio, anche solo potenziale, di tipo fondiario (cioè direttamente incidente sull’immobile) in derivazione causale con l’opera di bonifica”.
Il beneficio, pertanto, potrebbe risultare attuale, potenziale, diretto, indiretto; allorquando “i criteri per la determinazione del beneficio rientrano sfera discrezionale del Consorzio”.
In realtà, questa visione sembra contrastare (quantomeno parzialmente) con quanto statuito da Cass. civ. Sez. I, 11/01/2017 n. 512; che ha stabilito, in proposito, che “l’obbligo di contribuire alle opere eseguite da un consorzio di bonifica e, quindi, l’assoggettamento al potere impositivo di quest’ultimo, postulano la proprietà di un immobile che sia incluso nel perimetro consortile e che tragga vantaggio da quelle opere, sempre che tale vantaggio sia diretto e specifico, conseguito o conseguibile a causa della bonifica”.
Sempre secondo quanto si legge nelle pagine del “Piano”, il vantaggio dovrebbe dunque configurarsi quale “1 di infrastruttura idraulica, bonifica e di tutela del territorio; 2 irriguo; 3 degli scarichi”.
Ne consegue, a parere di chi scrive, che ove un’impresa titolare di un immobile localizzato nel perimetro del comprensorio consortile non beneficiasse effettivamente di almeno uno di questi tre “benefici”, verrebbe a mancare il presupposto per l’assoggettamento a contribuzione.
In ogni modo, per quel che concerne il “beneficio” di cui al n. 1 (di maggiore interesse ai nostri fini), la successiva definizione riportata nel “Piano” non aiuta granché a dissipare i dubbi: “secondo la scienza deve intendersi, in quanto misurabile, una grandezza economica inerente all’immobile, e questa non può essere altro che il mantenimento del valore del bene (…) Il beneficio che le proprietà consorziate traggono si concretizza dunque nella conservazione del valore e dei redditi degli immobili. Ne consegue che il beneficio che gli immobili agricoli ed extragricoli traggono oggi dall’attività di bonifica deriva essenzialmente o dalla manutenzione e/o dall’esercizio e/o dall’esecuzione e/o dalla vigilanza e/o dalla sorveglianza e/o dall’assistenza tecnica delle varie opere raggruppate per settori di intervento (…)”.
II) Per quanto riguarda, invece, il “Verbale di deliberazione commissariale”, è proprio tramite quest’ultimo che il Consorzio ha avallato l’emissione del “Ruolo di contribuenza “extragricolo” anni 2018 – 2019”; con particolare riguardo (tra gli “immobili extragricoli”), a quelli appartenenti “alla categoria degli immobili di cui alla lett. “D” (Zone industriali), in particolare OPIFICI”.
Tale “Verbale”, dunque, si fondava sull’assunto che la normativa già richiamata nelle righe che precedono non escludesse gli immobili extragricoli dalla contribuzione; poiché anche questi ultimi beneficerebbero della “finalità di difesa del suolo e di tutela delle risorse idriche, nonché di protezione e di tutela della natura e dell’ambiente”.
La definizione di “beneficio” riportata nel “Verbale” riprendeva quella già fatta propria dal “Piano di Classifica e Riparto”.
Secondo quanto specificamente scritto nel “Verbale”: “per quanto riguarda gli immobili extragricoli, collocati in aree urbanizzate, la presenza di un sistema fognario comunale ed il pagamento del relativo canone, non esclude affatto la configurabilità di un beneficio tratto dalle opere di bonifica ovvero dall’attività di vigilanza, esercizio e manutenzione effettuata dai Consorzi e non esclude pertanto il conseguente obbligo di pagamento del contributo di bonifica, in quanto le funzioni di bonifica riguardano la difesa del suolo e la corretta regimazione delle acque e quindi la salvaguardia delle acque, comprese quelle urbane, attraverso i canali consorziali (…) il beneficio è di natura economica in quanto i vantaggi arrecati dalla bonifica sono riconducibili alla tutela dei valori fondiari e dei redditi raggiunti attraverso l’attività del Consorzio, in funzione della diversa entità del danno che viene evitato e più propriamente in relazione al differente “rischio idraulico” cui sono soggetti gli immobili posti nel comprensorio”.
III) Dal canto suo, l’art. 62 dello Statuto del Consorzio (rubricato “Riparto della contribuenza”) prevede che le spese a carico dei contribuenti debbano essere ripartite “- a bonifica ultimata – in ragione dei benefici effettivamente conseguiti (…)”; allorquando, durante l’esecuzione della bonifica, ci si può basare “su indici approssimativi e presunti del beneficio conseguibile”.
LE CONTESTAZIONI MOSSE DALLE IMPRESE. LA POSIZIONE DELLA GIURISPRUDENZA.
Il malcontento delle imprese nasce proprio dal fatto che esse non riscontrino la sussistenza di alcun “beneficio” derivante, in proprio favore, dall’operatività del Consorzio.
Tale sussistenza, come visto, è del resto necessaria per giustificare l’avanzamento, da parte del medesimo Consorzio e nei loro confronti, della dibattuta pretesa tributaria.
Peraltro, v’è anche tra gli imprenditori chi solleva il tema dell’operatività dell’ARAP (Azienda Regionale Attività Produttive) in relazione all’effettuazione di servizi attinenti alla regimazione delle acque.
Come noto l’ARAP (frutto della passata riorganizzazione dei Consorzi per lo sviluppo industriale), tra i propri servizi istituzionali, annovera quelli di “gestione idrica ad uso civile e industriale” e di “depurazione e gestione idrica”; così come, tra quelli ambientali, include la “gestione depurazione impianti aziendali”.
Tramite la società in house ARAP Servizi, l’Azienda provvede proprio alla fornitura “gestione idrica ad uso civile e industriale”.
Da qui il rischio di una sovrapposizione / duplicazione delle attività poste in essere dal Consorzio e dall’ARAP; con ciò che ne consegue in termini di difficoltà di individuazione degli eventuali benefici goduti dalle imprese e, soprattutto, di riconducibilità dei medesimi all’operatività dell’uno piuttosto che dell’altra.
Solo un’analisi concreta degli effettivi benefici, comportati dall’operatività del Consorzio e goduti dai titolari degli immobili extragricoli siti all’interno del perimetro di contribuzione, potrebbe pertanto consentire di verificare la legittimità delle note richieste di pagamento.
Del resto, è stata la giurisprudenza di legittimità a chiarire, in una pluralità di occasioni, che “in tema di contributi di bonifica, il contribuente, anche qualora non abbia impugnato innanzi al giudice amministrativo gli atti generali presupposti (cioè il perimetro di contribuenza, il piano di contribuzione ed il bilancio annuale di previsione del consorzio), riguardanti l’individuazione dei potenziali contribuenti e la misura dei relativi obblighi, può contestare, nel giudizio avente ad oggetto la cartella esattoriale dinanzi al giudice tributario, la legittimità della pretesa impositiva dell’ente, assumendo che gli immobili di sua proprietà non traggono alcun beneficio diretto e specifico dall’opera del consorzio” (tra le tante, si è così espressa Cass. n. 8079/2020).
La stessa sentenza (come, del resto, già altre prima d’essa) ha anche specificato che “in tal caso, però, quando vi sia un piano di classifica, approvato dalla competente autorità, l’ente impositore è esonerato dalla prova del predetto beneficio, che si presume in ragione della comprensione dei fondi nel perimetro d’intervento consortile e dell’avvenuta approvazione del piano di classifica, salva la prova contraria da parte del contribuente”.
Spetterebbe pertanto alle imprese il compito di dimostrare, nell’apposita sede processuale tributaria, il fatto che i propri immobili non hanno effettivamente tratto alcun beneficio dalle opere approntate dal Consorzio.
Per dirla altrimenti: “qualora il piano di classifica venga specificamente impugnato dal consorziato, la suddetta vantaggiosità deve essere provata ad onere del Consorzio mentre se, invece, non vi sia stata impugnativa del piano di classifica, la presunzione in oggetto deve essere superata con onere della prova a carico del consorziato”.1
Pertanto, anche ove non fosse più possibile impugnare tempestivamente il “Piano”, le imprese interessate potrebbero rivolgersi al Giudice Tributario per far valere le proprie ragioni; ciò secondo quanto chiarito nelle righe che precedono.
La capacità di assolvere lo specifico onere probatorio, gravante in capo ad esse in quella sede processuale, giocherebbe certamente un ruolo fondamentale nell’ottica dell’accoglimento dei ricorsi così promossi.
Avv. Davide Torcello
1 In tal senso: Cass. civ. Sez. V Ord., 13/12/2019, n. 32872; Cass. civ. Sez. V, 06/07/2020, n. 13815; Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 17/10/2019, n. 26395; Cass. civ. Sez. V, 23/01/2019, n. 1742; Cass. civ. Sez. V Sent., 23/01/2019, n. 1742; Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 05/10/2018, n. 24642; Cass. civ. Sez. V Ord., 18/04/2018, n. 9511; Cass. civ. Sez. VI – 5 Ord., 24/05/2017, n. 13130; Cass. civ. Sez. V, 17/06/2016, n. 12576.
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