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Newsletter n. 10 / Luglio 2024
a cura dello Studio Legale Tributario Torcello
in collaborazione con Confindustria ABRUZZO – Chieti, Pescara e Teramo
Questa newsletter porta la firma dell’Avvocato Davide TORCELLO e dell’Avvocato Irene GRAZIOSI.
La stessa Suprema Corte ha chiarito, dunque, che deve sussistere un pregiudizio concreto; altrimenti tale reato rientrerebbe e resterebbe nello stadio del tentativo.
In tale ultimo caso, di conseguenza, non sarebbe poi possibile procedere al sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente; avendo riguardo, più precisamente, al profitto tratto in relazione alla vendita del credito in questione.
Nel caso di interesse, infatti, un’impresa appaltatrice aveva rilasciato false attestazioni; facendo risultare il compimento di opere edilizie agevolabili con il Superbonus (di fatto, però, non realizzate concretamente). Tale società aveva poi proceduto alla cessione a soggetti terzi del credito fittizio; ed il Tribunale di Udine, in primo grado, aveva ritenuto di emettere ordinanza di sequestro preventivo di tali somme.
La società interessata da tale pronuncia aveva perciò impugnato l’anzidetta ordinanza innanzi al Giudice di legittimità; che ha poi provveduto all’annullamento dell’ordinanza di sequestro preventivo suddetta. Gli Ermellini, con la sentenza oggetto di interesse i fini del presente contributo, hanno stabilito in proposito che non risulta sufficiente, nell’ottica della configurazione dei reati di cui agli artt. 640 e 640 bis del nostro codice penale, il solo riconoscimento del credito d’imposta da parte dell’Agenzia delle Entrate nei confronti del titolare e poi del terzo cessionario; ove manchi di un reale danno economico per lo Stato, a causa dell’assenza di compensazione. In altre parole, la Suprema Corte (diversamente, peraltro, da quanto fatto in passato) ha ritenuto tale fattispecie inquadrabile come tentativo di truffa; poiché le false attestazioni da parte della nota società non avrebbero comportato un pregiudizio economico allo Stato, che si sarebbe invece verificato solo con la riscossione del credito, oppure con il suo uso mediante compensazione.
Come scritto dai Giudici del Palazzaccio, “(…) Invero, solo quando i crediti ceduti sono stati materialmente riscossi o compensati può dirsi realizzato il danno per lo Stato, per essersi verificata la concreta perdita del denaro, siccome erogato a rimborso di un credito fittizio ovvero non incassato per effetto di compensazione con un credito fittizio. E solo quando si è realizzato il danno per lo Stato è configurabile il reato di truffa ex art. 640 – bis cod. pen.; prima del verificarsi del danno per lo Stato, può sussistere solo il tentativo del reato di cui all’art. 640 – bis cod. pen. , o, eventualmente, la truffa in danno dei cessionari. Di conseguenza, se il reato di cui all’art. 640 – bis cod. pen. è configurabile solo con riguardo alle operazioni fraudolente nelle quali il credito fittizio è stato riscosso o utilizzato in compensazione, il relativo profitto corrisponde esclusivamente ai proventi conseguiti attraverso le cessioni dei crediti d’imposta fittizi alle quali siano seguiti la riscossione o l’utilizzo mediante compensazione di tali crediti (..)”.
Sarà dunque opportuno attendere e monitorare le altre pronunce giurisprudenziali di legittimità che certamente giungeranno sul tema; e che saranno in grado di meglio definire, ragionevolmente, la configurazione di possibili reati legati alla fruizione dei crediti derivanti dai controversi “bonus fiscali edilizi”.
Avvocato Davide TORCELLO
Avvocato Irene GRAZIOSI
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