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Articolo pubblicato su Il Centro il 27 Novembre 2021
a cura dello Studio Legale Tributario Torcello.
L’articolo porta la firma dell’Avvocato Davide TORCELLO del Dottore Commercialista Bruno CATENA
Come noto, il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria si è di recente pronunciato sulla complessa (ed assai dibattuta) tematica del rinnovo delle concessioni balneari.
Le sentenze nn. 17 – 18/2021 del C.d.S. delle quali oggi ci occupiamo, in tutta evidenza, sono destinate ad avere un peso fondamentale; stante l’impatto sul settore balneare e sui numerosissimi operatori che lo animano.
Molti ricorderanno come, lo scorso dicembre, la Commissione europea avesse letteralmente “messo in mora” l’Italia; censurando le previsioni della Legge di Bilancio 2019, con la quale il nostro Paese aveva previsto il prolungamento della durata delle concessioni balneari sino al 31.12.2033.
A fronte di un ulteriore mancato adeguamento, da parte dello Stato italiano, al diritto eurounitario ed alle statuizioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, si sarebbe rischiata l’apertura di una nuova procedura di infrazione (già nel 2009, infatti, la Commissione, ne aveva avviata una; senza che si giungesse, tuttavia, ad una soluzione definitiva della querelle).
Il problema, sostanzialmente, ha sempre riguardato l’attribuzione delle concessioni balneari medesime; le quali, oggetto di periodico rinnovo, non si fondavano sul previo svolgimento di gare ad evidenza pubblica.
Il Consiglio di Stato, dunque, ha statuito che a far data dal 1.1.2024 dette concessioni non saranno più oggetto dell’accennato rinnovo automatico; a differenza di quanto accaduto in passato. Il D.L. n. 34/2020 (nonché la L. n. 77/2020, avente ad oggetto le proroghe fino al 2033 delle concessioni) sono stati ritenuti in contrasto con il diritto eurounitario; e, pertanto, meritevoli di disapplicazione.
La validità delle concessioni rilasciate recentemente dalla PA si protrarrà, così, sino al 31.12.2023.
Oltre tale data, la P.A. non potrà sfruttare i propri poteri di autotutela decisoria; ed anche eventuali giudicati “pro – proroga” non potranno consentire di oltrepassare l’anzidetto limite di durata.
Il termine del 31.12.2023, infatti, è stato ritenuto perentorio: qualunque eventuale proroga che lo riguardasse dovrebbe essere ritenuta, necessariamente, priva di fondamento e sprovvista di alcun effetto; ciò alla luce dell’accennato contrasto con il diritto dell’Unione Europea.
Sarà compito della Pubblica Amministrazione, in proposito, istituire le relative gare ad evidenza pubblica; nonché procedere con solerzia alla relativa disciplina.
Il Legislatore italiano, nell’emanare la nuova legge, dovrà così chiarire quali saranno i requisiti per la partecipazione a dette gare; tenendo nella debita considerazione la limitazione imposta alla propria discrezionalità. Esso dovrà infatti rispettare le disposizioni normative dell’Unione Europea; e, in particolare, l’art. 12 della Direttiva 123/2006.
Lo Stato italiano sarà chiamato a dettare, pertanto, una “linea guida generale” per l’attribuzione dei criteri di selezione e partecipazione alle procedure di cui si sta ragionando.
Altri aspetti fondamentali, dei quali ci si dovrà per forza di cose occupare, saranno gli indennizzi da erogare a fronte degli investimenti effettuati in passato dagli operatori; nonché quelli previsti a fronte dello sviluppo dell’attività compiuto dagli odierni concessionari.
I criteri sfruttati dovranno essere equi, proporzionati, non discriminatori; in grado di consentire di dimostrare, ai diretti interessati, capacità tecniche, professionali, finanziarie ed economiche relativamente al contratto oggetto di selezione.
Le nuove concessioni avranno durata temporale limitata e saranno proporzionate rispetto al valore ed alla complessità organizzativa delle stesse.
Il nuovo procedimento selettivo che verrà (a differenza di quello che l’ha preceduto, riaffermato nel 2020 con l’entrata in vigore della L. n. 77/2020), dovrà peraltro rispettare l’art. 49 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.
Esso dispone, infatti, l’equiparazione tra la libertà di stabilimento e di circolazione prevista per le persone fisiche e quella delle società e delle imprese; con l’evidente intento di favorire la libertà di investimento e commercializzazione nel territorio dell’Unione Europea.
L’insediamento di tali società ed imprese sarà comunque sottoposto alle regole “burocratiche” del paese in cui le stesse andranno a costituirsi.
La Direttiva 123/2006/CE, meglio nota come “Direttiva Bolkestein” (direttiva – quadro per la commercializzazione dei settori dei servizi nell’Unione Europea), come unanimemente noto, parte dal principio – base di reciproco riconoscimento tra i paesi membri dell’Unione.
La libertà di stabilimento, affiancata alla libera circolazione dei servizi, garantisce accessi temporanei privi di autorizzazioni da parte dei Paesi in cui il servizio viene temporaneamente prestato.
La “scelta italiana” attuata sino ad oggi (consistente nel prorogare la concessione balneare ad ogni scadenza) è stata ritenuta foriera di gravi violazioni, ciò tanto nell’ottica della libera concorrenza quanto del libero mercato; nonché irrispettosa del fondamentale principio della parità di trattamento (a cui devono far riferimento tutti gli operatori economici coinvolti nel mercato eurounitario).
Lo scenario dell’imprenditoria balneare, pertanto, si rivela ad oggi in grandissimo fermento.
La curiosità (e, spesso e volentieri, la preoccupazione) vanno di pari passo.
Solo grazie ad un attento monitoraggio di questo mercato, estremamente interessante, potremo cogliere evoluzioni destinate ad avere impatti rilevanti sulla nostra economia.
Avv. Davide TORCELLO
Dottore Commercialista Bruno CATENA
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