Scarica gratuitamente l’articolo in formato PDF.
Newsletter n. 05 / Aprile 2024
a cura dello Studio Legale Tributario Torcello
in collaborazione con Confindustria ABRUZZO – Chieti, Pescara e Teramo
Questa newsletter porta la firma dell’Avvocato Davide TORCELLO e dell’Avvocato Irene GRAZIOSI.
Secondo il Giudice dell’appello abruzzese, dunque, risulta dovuto il rimborso al cittadino tedesco (con residenza fiscale localizzata in Germania) dell’Irpef versata in Italia; ciò per il lasso di tempo in cui quest’ultimo aveva svolto la propria attività lavorativa nel territorio tedesco.
Le sue funzioni lavorative, nonostante l’indicazione del contratto di assunzione (stipulato in Italia), erano infatti state svolte in prevalenza nel Paese teutonico.
Più precisamente, nell’occasione il ricorso del cittadino tedesco era stato presentato contro il diniego al rimborso dell’Irpef opposto dall’Amministrazione finanziaria italiana; con riguardo alle imposte trattenute dal datore di lavoro italiano in riferimento all’annualità 2017.
Inizialmente, le vie della giustizia tributaria si erano rivelate infruttuose per il ricorrente; posto che i primi Giudici pescaresi avevano rigettato il ricorso alla luce della vigenza all’art. 15 della summenzionata Convenzione italo tedesca e dell’art. 23 del D.P.R. n. 917/1986.
Il Giudice regionale abruzzese, tuttavia, ha ribaltato l’esito iniziale; prendendo atto di come l’appellante avesse “espletato dette funzioni manageriali trovandosi fisicamente presente in Italia solo pochi giorni del periodo d’imposta, erogando invece prevalentemente all’estero le sue prestazioni per i restanti giorni del medesimo periodo, ne va che devono essere assoggettati all’imposizione italiana, sulla base del ridetto rapporto temporale, i redditi prodotti nei giorni di sola fisica presenza del contribuente in Italia”.
Ha poi proseguito il Giudice dell’appello scrivendo che “né a contrario opinamento può indurre la CU, a suo tempo rilasciata dal sostituto d’imposta (causa, questa, prima dell’odierno contenzioso), stante la sua scontata natura di dichiarazione di scienza e non di volontà, e come tale sempre e comunque, quand’anche nei qui rispettati termini di legge, oggetto di eventuale emenda. Da ultimo poi, e quand’anche non ritenuta dalla Suprema Corte circostanza dirimente, v’è che il contribuente, a dimostrazione del suo corretto adempimento degli obblighi fiscali e ad ulteriore giustificazione dell’istanza di rimborso di che trattasi, ha altresì corroborato la sua domanda con il certificato di rito rilasciato dall’Autorità fiscale tedesca ed ha comprovato di aver ivi sottoposto ad imposizione, assolvendo ai relativi tributi, i redditi in questione. In conclusione, va riconosciuto il diritto dell’appellante a vedersi rimborsate le somme complessivamente richieste con l’atto di appello, maggiorate dei soli interessi legali, secondo legge”.
La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Abruzzo ha dunque accolto le difese del lavoratore tedesco; dando atto del fatto che, nella fattispecie oggetto di interesse, il medesimo avesse effettivamente dimostrato tanto di avere svolto il proprio lavoro all’estero, quanto di avere già scontato in Germania (luogo dove lavorava di fatto) la tassazione del caso.
Avvocato Davide TORCELLO
Avvocato Irene GRAZIOSI
Scarica gratuitamente l’articolo in formato PDF.