Espropriazione forzata esattoriale

    Condivi con :

    LE PARTICOLARITA’ DELL’ESPROPRIAZIONE FORZATA ESATTORIALE

    ED I RIMEDI A TUTELA DEI CONTRIBUENTI

    La fase dell’espropriazione forzata esattoriale rappresenta da sempre un momento particolarmente delicato per i contribuenti; tanto per il tecnicismo che contraddistingue la materia, quanto per la stratificazione legislativa accumulatasi nel corso degli anni.

    In ogni modo, la disciplina del sistema della riscossione esattoriale risulta attualmente contenuta nel D.P.R. n. 602/1973 (decisamente modificato, rispetto alla sua versione originaria, dagli ulteriori interventi legislativi succedutisi nel corso degli anni).

    In particolare, l’art. 45 del D.P.R. citato prevede che il concessionario procede alla riscossione coattiva delle somme iscritte a ruolo, degli interessi di mora e delle spese di esecuzione secondo le disposizioni e le modalità tassativamente indicate; mentre negli artt. da 49 a 61 sono contenute le disposizioni generali sull’espropriazione forzata.

    Per la riscossione delle somme non pagate, quindi, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione procede all’espropriazione forzata sulla base del ruolo (riportato nella cartella di pagamento previamente notificata al contribuente) o dell’avviso di accertamento impoesattivo, che costituiscono il titolo esecutivo. Resta salvo il diritto del debitore di dimostrare l’avvenuto pagamento delle somme dovute ovvero lo sgravio totale riconosciuto dall’Ente creditore, con documentazione appositamente rilasciata.

    Dai principi normativi appena accennati emerge, quindi, che il procedimento di esecuzione forzata esattoriale presenta una natura “speciale” rispetto a quello “ordinario” civilistico.

    Infatti, nonostante risulti modellato sulla falsariga del procedimento di espropriazione forzata disegnato dal codice di procedura civile, le disposizioni di quest’ultimo trovano applicazione solo se non incompatibili o non espressamente derogate dalle norme speciali (tenendo conto della natura soggettiva del creditore espropriante e, soprattutto, della natura pubblica dei crediti da riscuotere).

    La specialità dell’espropriazione esattoriale è stata, peraltro, espressamente sancita dalle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 5255/1993.

    La fase dell’espropriazione forzata, pertanto, prende avvio con il pignoramento: troveranno applicazione le disposizioni codicistiche sul pignoramento mobiliare, immobiliare e presso terzi (contenute nel codice di procedura civile), con le specialità proprie dell’esecuzione esattoriale.

    Tra queste va di certo annoverata la particolare procedura di riscossione coattiva prevista dall’art. 72 bis D.P.R. n. 602/73, azionabile da parte dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione per procedere al pignoramento presso terzi (che si ha quando il creditore procedente pignora crediti che il debitore esecutato vanta nei confronti di terzi; quali, ad esempio, gli istituti di credito).

    Sono comunque fatti salvi i crediti pensionistici; ferme restando le particolari previsioni riguardanti, tra le altre, le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento.

    Tale procedura speciale permette all’Agenzia delle Entrate – Riscossione di azionare il c.d. pignoramento diretto, in forza del quale l’atto di pignoramento dei crediti del debitore verso terzi può contenere (in luogo della citazione dinanzi al Giudice dell’Esecuzione, come ordinariamente accade nell’esecuzione forzata “non esattoriale”) l’ordine al terzo di pagare il credito direttamente ad essa fino a concorrenza del credito per cui si procede. Ciò entro il termine di sessanta giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento – se si tratta di somme per le quali il debitore ha già maturato il diritto alla percezione prima della data della notifica – oppure, per le restanti somme, alle relative scadenze.

    A quali rimedi può ricorrere il contribuente avverso l’espropriazione forzata esattoriale?

    Alla luce della rilevante sentenza n. 114/2018 della Corte Costituzionale, nelle controversie che riguardano gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento ed all’avviso ad adempiere di cui all’art. 50 del D.P.R. n. 602/1973 devono ritenersi ammissibili le opposizioni regolate dall’art. 615 del codice di procedura civile, volte a contestare il diritto di procedere a riscossione coattiva.

    È inoltre ammessa l’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c., seppur con particolari limitazioni (sono precluse infatti le opposizioni relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo).

    Per quanto riguarda il riparto della giurisdizione tra il Giudice tributario (cioè: la Commissione Tributaria Provinciale) ed il Giudice ordinario (cioè: il Tribunale in veste di Giudice dell’esecuzione), ovverosia tra i Giudici chiamati a giudicare sull’esecuzione forzata esattoriale (a seconda, come si vedrà, degli aspetti della vicenda controversa presi in considerazione dal contribuente che si opponga), vale la pena ricordare quanto segue.

    Secondo le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione (sent. n. 13913/2017), in materia di esecuzione forzata tributaria, l’opposizione agli atti esecutivi avverso l’atto di pignoramento che si ritenga viziato (a causa dell’omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento o dell’avviso di accertamento), è ammissibile e va proposta davanti alla C.T.P. (e non, come si riteneva in passato, dinanzi al Tribunale ordinario).

    L’ordinamento, pertanto, sta tentando di garantire ai contribuenti che intendano opporsi all’espropriazione esattoriale la possibilità di ottenere una risposta di giustizia adeguata; ciò attraverso la possibilità di domandare la relativa tutela, a seconda dei casi, dinanzi al Giudice tributario o a quello ordinario.

    Avv. Alessandra DI NINO

    Avv. Davide TORCELLO

    Studio Legale Tributario Torcello

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