Articolo pubblicato su Il Centro il 29 Ottobre 2022
a cura dello Studio Legale Tributario Torcello.
L’articolo porta la firma dell’Avvocato Giovanna BRATTI e dell’Avvocato Davide TORCELLO
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È dovuta intervenire la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 209/2022 (depositata lo scorso 13 ottobre), per fare chiarezza sul punto; alla luce delle oscillazioni (anche contrastanti) giurisprudenziali, della prassi e dottrina che, da tempo, si sono susseguite sull’argomento.
Occorre procedere con ordine. Ciò al fine di meglio comprendere la portata innovativa della predetta pronuncia ed i relativi risvolti pratici, anche in termini di rimborso, che ne potrebbero derivare per i contribuenti.
Di seguito si sintetizzano i vari step normativi ed interpretativi.
1) Tutto nasce dalla definizione normativa di “abitazione principale” e del suo nesso con il “nucleo familiare” ai sensi dell’art. 13 c. 2 del D.L. n. 201/2011; il quale subordinava il riconoscimento dell’esenzione per l’abitazione principale alla sussistenza del solo requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale, in capo al possessore dell’immobile e del suo nucleo familiare.
Secondo la suddetta disposizione legislativa, nel caso in cui i componenti del nucleo familiare avessero stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni IMU si sarebbero applicate, in ogni caso, per un solo immobile. Ciò sulla base della considerazione che l’agevolazione possa essere sfruttata una sola volta e per tutti i familiari.
2) Restava al di fuori dal perimetro normativo l’ipotesi in cui i coniugi risiedessero in due immobili ubicati in diversi Comuni; in relazione alla quale, inizialmente, si era ammessa la possibilità di una “doppia esenzione IMU”. Tale interpretazione suffragata, in un primo momento, dalla giurisprudenza di legittimità e dalla circolare n. 3/DF del 2012 del Ministero delle Economie e delle Finanze, si basava sulla considerazione che, per varie ragioni (prima fra tutte quelle lavorative), i coniugi ben potevano vivere in immobili diversi (ubicati tanto nello stesso Comune tanto in Comuni diversi) e beneficiare dell’agevolazione in tema IMU. Il tutto senza intaccare, in alcun modo, l’unità del vincolo familiare.
3) Da qui poi, in un secondo momento, l’arresto della giurisprudenza di legittimità; la quale, facendosi portavoce – forse- delle lamentale degli Enti locali (a causa delle mancate entrate nelle casse comunali), ha negato tale “doppio beneficio”. Negli anni a seguire, infatti, la Corte di Cassazione ha ritenuto che l’agevolazione spettasse per un solo immobile per nucleo familiare, tanto per le unità site nel medesimo comune quanto per quelle situate in Comuni diversi (situazione non espressamente regolata dalla norma in questione). Ciò ad eccezione dell’ipotesi in cui i contribuenti fornissero prova della rottura dell’unità familiare: unico presupposto per assistere alla disgregazione della casa coniugale intesa, ai fini IMU, quale “abitazione principale”.
Il beneficio, dunque, veniva riconosciuto in favore dell’immobile nel quale il possessore ed il suo nucleo familiare avevano stabilito tanto la dimora abituale quanto la residenza anagrafica.
4) È poi intervenuto il Legislatore con l’art. 5-decies c. 1 del D.L. n. 146/2021 (convertito, con modificazioni, nella L. n. 215/2021); il quale, nell’integrare il disposto di cui all’art. 1 c. 741, lett. b), della L. n. 160/2019, ha previsto la facoltà per i coniugi di scegliere, nelle ipotesi di due immobili siti in comuni diversi, in relazione al quale si intenda scontare l’esenzione IMU (così accordando il beneficio sempre ad un solo immobile).
5) A conclusione di tale complesso iter legislativo ed interpretativo, la Corte Costituzionale ha posto un punto (si spera definitivo). La Consulta infatti con la predetta sentenza n. 309/2022 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale: – dell’art. 13 c. 2 del D.L. n. 201/2011; dato che tale norma comportava “l’effetto di precludere la possibilità di mantenere la doppia esenzione anche quando effettive esigenze, come possono essere in particolare quelle lavorative, impongano la scelta di residenze anagrafiche e dimore abituali differenti”, così eliminando la disparità di trattamento rispetto, ad esempio, alle coppie di fatto ed alle unioni civili; – in via consequenziale, dell’ultima formulazione dell’art. 1 c. 741, lett. b), della L. n. 160/2019, come modificato dall’art. 5-decies c. 1 del D.L. n. 146 del 2021.
6) Tale sentenza è stata interpretata come un “quasi via libera” per le istanze di rimborso. “Quasi” perché non parrebbe essere attribuita, alla medesima pronuncia, un’efficacia retroattiva assoluta.
Ne deriva che i contribuenti che nel corso degli anni hanno versato l’IMU sulla prima casa – rivelatesi non dovuta – potranno presentare apposita istanza di rimborso. Ciò entro il termine di 5 anni dal momento di effettuazione del pagamento o di accertamento del diritto alla restituzione (13 ottobre 2022; data di deposito della predetta sentenza della Consulta). In caso di rigetto (espresso o tacito) dell’istanza, i contribuenti potranno incardinare il relativo giudizio tributario; al fine di ottenere la tutela per le proprie ragioni.
Dubbi in merito ai rapporti tributari “esauriti”: ossia, nei casi in cui l’avviso di accertamento IMU – eventualmente notificato dall’Ente comunale ai coniugi – sia divenuto definitivo, per mancata impugnazione dell’avviso o per passaggio in giudicato della sentenza tributaria che ha interessato il medesimo avviso.
Circostanza che dovrà necessariamente scontrarsi con la portata dirompente della pronuncia della Corte Costituzionale in commento; i cui lasciti passeranno tutt’altro che inosservati. Staremo a vedere.
Avv. Giovanna BRATTI
Avv. Davide TORCELLO
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