Fiscalità Internazionale

    Condivi con :

    Facciamo chiarezza in tema di

    Fiscalità Internazionale

    e su quale sia il regime tributario

    applicabile ai vari casi.

    In tema di fiscalità internazionale, cittadini esteri o società estere che intendono trasferirsi e/o operare nel territorio italiano (o viceversa), sollevano spesso dubbi e perplessità su quale sia il regime tributario ai medesimi applicabile; nonché su quali siano gli adempimenti tributari richiesti dallo Stato nel quale avviene il trasferimento.

    Ciò in quanto:

    • da un lato, l’ordinamento tributario italiano risulta complesso;
    • dall’altro, è necessario un coordinamento “triplice” fra le normative nazionali e quella internazionale in ambito fiscale.

    In linea generale, in molti Stati europei (fra cui l’Italia) vige il cd. World Wide Taxation Principle (principio della tassazione mondiale); in base al quale i redditi prodotti da un soggetto residente in un determinato Stato sono soggetti a tassazione in quest’ultimo Stato (indipendentemente dallo Stato in cui i redditi in questione siano prodotti). Ciò fatta salva l’applicazione di convenzioni internazionali / regimi legislativi speciali vigenti sul punto.

    Ai fini dell’individuazione del regime di tassazione applicabile, occorre far riferimento ai concetti di:

    • residenza fiscale / domicilio fiscale: per le persone fisiche;
    • sede legale / direzione effettiva / gestione ordinaria in via principale: per le persone giuridiche.

    Ciò al fine di comprendere, ai fini fiscali, il “criterio di collegamento” fra il soggetto (persona fisica / persona giuridica) ed il territorio italiano.

    RIFORMA DELLA FISCALITÀ INTERNAZIONALE

    In attuazione della Legge delega di riforma fiscale (L. n. 111/2023), è stato emanato il D. Lgs n. 209/2023; al fine di procedere all’adeguamento del sistema normativo tributario nazionale ai livelli di tutela previsti dall’ordinamento eurounitario (anche alla luce dell’evoluzione della Corte di Giustizia UE in materia tributaria), nonché al recepimento della Direttiva UE n. 2022/2523 del Consiglio Europeo (relativa alla definizione di un livello di imposizione fiscale minimo globale per i gruppi multinazionali di imprese e i gruppi nazionali su larga scala nell’Unione Europea).

    In via di estrema sintesi, alcuni dei temi toccati dalla riforma risultano i seguenti:

    • l’individuazione della residenza fiscale delle persone fisiche e delle persone giuridiche;
    • la semplificazione della cd. CFC rule in relazione alle società estere controllate;
    • il riconoscimento di incentivi fiscali in favore dei soggetti titolari di reddito di lavoro autonomo e di impresa con sede o stabile organizzazione in Italia;
    • il regime agevolativo dei cd. lavoratori impatriati;
    • il trasferimento in Italia di attività economiche con riferimento ai redditi derivanti da attività di impresa e dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata;
    • la disciplina della cd. Global minimum tax.

    SOCIETÀ ESTERA IN ITALIA. ADEMPIMENTI E REGIME DI TASSAZIONE

    Ai fini dell’applicabilità delle imposte sui redditi delle società nel territorio italiano, occorre fare riferimento all’art. 73 del D.P.R. n. 917/1986 (cd. TUIR); secondo il quale “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale”.

    In particolare, nella prassi accade che le società estere operino nel territorio italiano attraverso diverse “modalità imprenditoriali”; così come di seguito brevemente illustrate.

    • Realizzazione di un’unità locale (ufficio di rappresentanza, deposito, magazzino, ecc…): la quale rappresenta un’entità priva di autonomia organizzativa e decisionale. L’unità locale, in via di estrema sintesi: a) non ha poteri di rappresentanza giuridica della società madre estera; b) non può svolgere in Italia l’attività d’impresa propria della società madre estera; c) si limita allo svolgimento di un’attività ausiliaria; d) non produce reddito in Italia, ma rappresenta un mero centro di costo per la società straniera; e) deve richiedere l’attribuzione di un codice fiscale al competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate, nonché l’iscrizione al Registro delle Imprese della competente CCIAA
      Laddove l’unità locale non presenti queste caratteristiche, vi è la concreta possibilità che il Fisco italiano possa riconoscere la natura di “stabile organizzazione” di tale entità giuridica; con le conseguenze tributarie di seguito indicate.
    • Costituzione di una filiale / branch: soluzione applicabile nelle ipotesi in cui la società estera intenda operare sul territorio italiano mediante una stabile organizzazione; la quale, contrariamente rispetto alle unità locali, possiede una piena operatività imprenditoriale anche se permane la responsabilità giuridica sulla casa madre straniera. La stabile organizzazione, in via di estrema sintesi: a) possiede una rappresentanza legale stabile nel territorio italiano; b) rappresenta un’estensione territoriale della società madre (senza, tuttavia, rappresentare un soggetto giuridicamente autonomo dalla stessa); c) svolge attività societaria per conto e nell’interesse della casa madre; d) possiede un insediamento stabile nel territorio italiano; e) necessita dell’intervento di un Notaio ai fini degli adempimenti burocratici / amministrativi / societari (ad esempio: deposito dell’atto istitutivo della stabile organizzazione; relativo deposito dell’atto nel Registro delle Imprese della competente CCIAA; ecc…); f) nomina di un rappresentante della società̀ estera in Italia; con specificazione dei poteri al medesimo conferiti; g) deve richiedere attribuzione del codice fiscale e della partita IVA presso l’Agenzia delle Entrate territorialmente competente; h) possiede piena soggettività tributaria ai fini dell’ordinamento italiano e, dunque, assoggettata alla tassazione italiana con imputazione alla casa madre; i) deve rispettare gli obblighi civilistici / amministrativi / contabili / fiscali richiesti alle società italiane; l) è assoggettata al regime del cd. trasnfer pricing.
    • Costituzione di una subsidiary: ossia una società partecipata / controllata dalla società madre estera con autonomia decisionale, patrimoniale e giuridica (nei limiti degli indirizzi e delle indicazioni impartite dalla casa madre estera). Tali società risultano dunque assoggettate agli adempimenti tributari e fiscali dell’ordinamento italiano; nonché a specifici regimi previsti dal diritto eurounitario, rappresentati a titolo meramente esemplificativo dalle previsioni in tema di rapporti madre / figlia (di cui alla direttiva n. 2011/96/UE), di antielusione relativa al fenomeno della cd. esterovestizione ed al cd. Controlled Foreign Company (CFC, disciplina finalizzata ad impedire la creazione di società di mero godimento – cd. passive company – al solo scopo di localizzare asset immateriali e finanziari in Stati a fiscalità particolarmente favorevole).

    Quanto sopra illustrato rappresenta una panoramica generale; da parametrare alle circostanze del caso concreto, nonché alle eventuali previsioni contenute nelle Convenzioni internazionali contro il fenomeno della doppia imposizione stipulata fra l’Italia e lo Stato estero di riferimento.

    SOCIETÀ ITALIANA ALL’ESTERO. ADEMPIMENTI E REGIME DI TASSAZIONE

    Fermo restando quanto sopra illustrato; in merito alle modalità operative di una società italiana all’estero, occorre prima individuare quale sia il Paese estero nel quale la società italiana intenda estendere la propria attività imprenditoriale. Ciò al fine di delineare i relativi adempimenti burocratici / amministrativi ed il relativo regime di tassazione; coordinando tale disamina con le disposizioni eventualmente previste dalla Convenzione internazionale contro la doppia imposizione, stipulata fra l’Italia e il Paese estero di riferimento.

    In quest’ottica, risulta di fondamentale importanza operare un cenno al fenomeno della cd. esterovestizione; secondo il quale una società simula di essere residente all’estero con lo scopo di evitare l’assoggettamento al regime tributario italiano. A tal fine, occorre verificare che il trasferimento all’estero sia reale e concreto; potendosi parlare di esterovestizione al ricorrere di due presupposti: a) la natura fittizia della localizzazione estera della società: l’attività economica non è fattivamente esercitata nel Paese estero, in considerazione del luogo in cui vengono prese le decisioni societarie strategiche nonché del luogo il cui si svolge in maniera prevalente l’attività imprenditoriale; b) l’indebito risparmio d’imposta connesso a tale fittizio trasferimento (consistente nel sottrarsi al Fisco italiano).

    In presenza di tali requisiti, il Fisco italiano presume che la residenza fiscale della società estera sia riconducibile in Italia; riprendendo a tassazione tutti i redditi dalla medesima prodotti, secondo quanto previsto dall’ordinamento tributario nazionale. Ciò rimanendo salva la prova contraria a carico della società contribuente; la quale dovrà dimostrare la propria residenza all’estero e la sussistenza di fondate ragioni imprenditoriali e di insediamenti produttivi e/o commerciali all’estero.

    CITTADINO ITALIANO RESIDENTE ALL’ESTERO. ADEMPIMENTI E REGIME DI TASSAZIONE

    Secondo l’art. 2 del TUIRle persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del codice civile o il domicilio nel territorio dello Stato ovvero sono ivi presenti. (…). Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.

    Il cittadino italiano che intende trasferire per un periodo superiore a 12 mesi la propria residenza / dimora abituale all’estero deve iscriversi all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (A.I.R.E.); registro istituito dalla L. n. 470/1980 e gestito dai Comuni italiani (sulla base delle informazioni provenienti dalle Rappresentanze consolari all’estero). Ciò ad eccezione di determinate ipotesi (normativamente previste); che escludono l’obbligo di iscrizione a tale registro.

    L’art. 3 del D.P.R. n. 917/1986 specifica sul punto che “l’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato.

    Tale regime generale deve sempre essere coordinato con:

    • l’eventuale Convenzione internazionale contro le doppie imposizioni vigente fra l’Italia ed il Paese estero di riferimento;
    • le circostanze del caso concreto: in relazione alle quali andranno poi vagliate le specifiche disposizioni vigenti in relazione alla tipologia di reddito prodotto dal soggetto (a titolo esemplificativo: reddito da lavoro dipendente / autonomo, reddito di impresa, reddito fondiario, ecc); all’imposta presa in considerazione; agli adempimenti tributari richiesti.

    CITTADINO ESTERO RESIDENTE IN ITALIA. ADEMPIMENTI E REGIME DI TASSAZIONE

    Ferma restando la definizione di residenza fiscale di cui all’art. 2 del TUIR, la persona fisica che intende trasferire la propria residenza fiscale in Italia sarà soggetta a tutti gli adempimenti amministrativi e fiscali richiesti dalla normativa nazionale italiana (a titolo esemplificativo: iscrizione nell’anagrafe del Comune italiano in cui verrà fissata la residenza; presentazione della dichiarazione dei redditi; ecc…). Sul punto l’art. 3 del TUIRl’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell’articolo 10 (…)”. Anche in questo caso, tale disciplina generale andrà coordinata con le disposizioni di cui alla Convenzione internazionale contro le doppie imposizioni fra l’Italia ed il Paese estero di riferimento; nonché alle circostanze del caso concreto.