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Newsletter n. 04 / Febbraio 2025
a cura dello Studio Legale Tributario Torcello
in collaborazione con Confindustria ABRUZZO – Chieti, Pescara e Teramo
Questa newsletter porta la firma dell’Avvocato Davide TORCELLO e dell’Avvocato Irene GRAZIOSI
Tale retribuzione convenzionale include esclusivamente la “retribuzione nazionale”, ossia quella prevista dal contratto collettivo, con esclusione delle indennità connesse all’attività lavorativa svolta all’estero.
Queste ultime non formano base imponibile.
Il fatto preso in esame dalla Cassazione con l’ordinanza n. 3200 del 08.02.2025 riguardava dunque un dirigente, il quale aveva impugnato le sentenze della C.T.R. delle Marche, a lui sfavorevoli, al fine di vedere riconosciuta la non assoggettabilità ad IRPEF delle somme percepite come indennità estero; relative al suo rapporto di lavoro, prestato all’estero negli anni 2008 – 2011.
Le sentenze della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado (C.G.T. II g.) delle Marche, infatti, ritenevano che la voce “elemento da assorbire” erogata in via forfettaria – ovverosia, proprio le indennità estero – avessero invece natura retributiva; ciò “in quanto compensativa della maggior gravosità e del disagio morale ed ambientale dell’attività lavorativa prestata presso la sede di trasferimento, così rientrando nella retribuzione da porsi a base della individuazione della fascia di retribuzione convenzionale, su cui sono calcolate le imposte reddituali”.
Secondo la Suprema Corte, invece, le sentenze della C.G.T. II g. marchigiana risultano illogiche; finendo per assoggettare il reddito percepito dal lavoratore ricorrente ad una tassazione maggiore di quella ordinaria, con ribaltamento della logica agevolativa di cui alla disposizione.
In particolare, la Suprema Corte ha evidenziato la natura indennitaria di tale voce, rilevando la violazione e falsa applicazione dell’art. 51 c. 8 bis T.U.I.R.; che “introduce un regime agevolativo per coloro che, conservando la residenza in Italia, prestino attività di lavoro subordinato all’estero, consistente nella sostituzione, ai fini fiscali, della retribuzione effettivamente percepita con la ‘retribuzione convenzionale, comportante l’esclusione dalla tassazione di componenti riconosciute al lavoratore in dipendenza dal rapporto di lavoro, ma prive della connotazione sinallagmatica della retribuzione”.
Sulla base di tali principi, la Suprema Corte ha accolto la domanda del lavoratore; in quanto “la definizione di qualsivoglia indennità come ‘indennità estero’ è oggetto della valutazione del giudice di merito, il quale, deve provvedervi in concreto, tenendo in considerazione le pattuizioni fra le parti, ed esaminando, di volta in volta, se il compenso sia sinallagmaticamente collegato alla prestazione lavorativa o se, invece, esso sia erogato esclusivamente alla maggior gravosità connessa con il rendere la prestazione al di fuori dei confini nazionale, ciò implicando il sacrificio del lavoratore in termini di vita personale. È questa differenza che determina la natura retributiva o non retributiva dell’indennità e quindi la sua inclusione nel calcolo della retribuzione nazionale, su cui va calcolata la fascia della retribuzione convenzionale”.
Avvocato Irene GRAZIOSI
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