È legittima la cartella di pagamento, emessa direttamente dall’Agente della Riscossione, in seguito alla comunicazione al contribuente del cd. avviso bonario (elaborato sulla base dei controlli automatizzati svolti ai sensi dell’art. 36 bis del D.P.R. n. 600/1973).
Questo l’approdo a cui è giunta la Commissione Tributaria Regionale del Lazio; la quale, nella recente sentenza n. 4068/5/2019, ha ritenuto corretto l’operato dell’Ufficio.
Il Giudice del grado di appello ha accolto, invero, l’impugnazione promossa dall’Agenzia delle Entrate; ritenendo legittima l’emissione “diretta”, da parte dell’Ente, della cartella esattoriale.
Ciò nonostante quest’ultima, da un lato, apparisse carente sotto il profilo motivazionale; e, dall’altro, non fosse stata preceduta dalla notifica di alcun avviso di accertamento.
Nel caso esaminato, l’Amministrazione Finanziaria, in conformità al dettato dell’art. 36 bis sopra citato, aveva provveduto alla comunicazione di alcune irregolarità; rilevando la sussistenza di incongruenze fra i dati contenuti in dichiarazione e la somma effettivamente versata dalla contribuente.
Il Collegio regionale, in riforma della sentenza della C.T.P di Roma, ha ritenuto applicabile la procedura di controllo eseguita dall’Ufficio ai sensi dell’art. 36 bis summenzionato (con la conseguente iscrizione a ruolo delle somme accertate); statuendo che la cartella esattoriale non dovesse essere preceduta dalla notifica di alcun avviso di accertamento.
Secondo i Giudici di secondo grado, nel caso di specie, erano stati rispettati i requisiti previsti dalla disposizione normativa appena citata. L’Agenzia delle Entrate, infatti, dapprima aveva rilevato alcune incongruenze fra l’importo versato dalla contribuente ed i dati forniti in sede di dichiarazione; per poi comunicare alla stessa contribuente l’esito della liquidazione automatizzata; ed, infine, sulla base dei dati così raccolti, si era proceduto ad iscrivere a ruolo la somma ritenuta dovuta (in riferimento alla quale sarebbe poi stata emessa la cartella esattoriale impugnata).
Del resto, sul punto, si era recentemente espressa anche la Suprema Corte di Cassazione; la quale, nell’ordinanza n. 7245 del 14 marzo 2019, aveva fornito un’interpretazione elastica dell’obbligo di motivazione incombente sull’Agente della Riscossione per le cartelle di pagamento emesse in seguito alla liquidazione ex art. 36 bis sopra richiamato.
Nonostante la cartella esattoriale (laddove rappresenti il “primo” atto espressivo di una pretesa nei confronti del contribuente e non sia preceduta dalla notifica di uno specifico atto impositivo) risulti – quantomeno in teoria – soggetta ad un obbligo motivazionale stringente, si è precisato in tale occasione che occorre sempre verificare il contenuto prescritto per ciascun tipo di atto.
Ne deriva che nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito alla liquidazione dell’imposta eseguita sulla base delle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi dell’art. 36 bis del D.P.R. n. 600/1973, l’obbligo di motivazione deve ritenersi assolto mediante il richiamo, nell’atto della riscossione, di quanto dichiarato dal contribuente medesimo (già a conoscenza, dunque, dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa tributaria).
Ebbene, tali pronunce si pongono in un filone giurisprudenziale che, da tempo, intende chiarire i limiti e la portata dell’esercizio, da parte dell’Agenzia delle Entrate, dei poteri di controllo automatizzati.
In particolare, la giurisprudenza di legittimità si è recentemente interrogata sulla nullità della cartella di pagamento emessa in mancanza della preventiva comunicazione, da parte dell’Ufficio, del cd. avviso bonario.
È bene precisare, in termini generali, che l’art. 36 bis del D.P.R. n. 600/1973 prevede l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità solo nelle ipotesi in cui dai controlli automatici (effettuati, dunque, su base dei dati forniti dal contribuente in sede di dichiarazione; od, in ogni caso, in possesso dell’Agenzia delle Entrate) emerga un “risultato diverso rispetto a quello indicato in dichiarazione”; ovvero, dalle verifiche effettuate dall’Ufficio, venga riscontrata “un’imposta o una maggiore imposta”. Ciò al precipuo fine di orientare la condotta del contribuente pro futuro; consentendo, altresì, a quest’ultimo di regolarizzare la propria posizione fiscale.
Sul punto, è intervenuta negli scorsi mesi la Suprema Corte di Cassazione; la quale, nella sentenza n. 15654 del 11 giugno 2019, ha statuito che la mancata comunicazione della maggiore imposta, ai sensi del predetto art. 36 bis, non può determinare la nullità della successiva cartella di pagamento notificata al contribuente.
In tal senso, da un lato depone la natura “cartolare” di tale procedura di controllo; dall’altro lato, la mancanza di un obbligo normativo, in capo all’Amministrazione Finanziaria, di comunicare al contribuente il risultato della verifica effettuata sulla dichiarazione da lui presentata.
Il citato art. 36 bis, infatti, non prevede alcuna sanzione, in termini di nullità, dell’atto della riscossione notificato in assenza della comunicazione di irregolarità; ciò in quanto quest’ultima risponde unicamente alla finalità di porre rimedio alle incongruenze formali riscontrate e di fornire al contribuente future “direttive” di comportamento (per non incorrere in ulteriori errori).
In tali ipotesi, secondo i Giudici di legittimità, la “diretta” iscrizione a ruolo delle somme accertate non integrerebbe alcuna violazione del diritto di difesa e di contraddittorio in danno del contribuente.
Si tratta di un orientamento, dunque, che tenta di preservare l’operato dell’Ufficio nei casi dei controlli fiscali automatizzati; tanto nelle ipotesi in cui l’Agenzia delle Entrate proceda a comunicare il cd. avviso bonario prima della notifica della cartella esattoriale, quanto nelle ipotesi in cui ciò non si verifichi.
Nel primo caso, infatti, l’obbligo di motivazione appare attenuato laddove l’iscrizione a ruolo sia fondata sulle dichiarazioni rese dal contribuente in seguito alla comunicazione dell’esito della liquidazione; nel secondo caso, invece, non si ritiene necessaria l’invito di regolarizzazione rivolto al contribuente, stante l’assenza di alcun obbligo normativo in tal senso.
Nelle procedure di controllo automatizzate ex art. 36 bis del D.P.R. n. 600/1973, le possibilità per il contribuente di sconfessare l’azione accertativa dell’Amministrazione appaiono, dunque, molto deboli. La cartella di pagamento, infatti, segue direttamente al controllo fiscale; non essendo necessaria né la previa comunicazione del cd. avviso bonario, né la previa notifica dell’avviso di accertamento.
Occorrerà una maggiore “diligenza” da parte del contribuente nell’adempimento dell’obbligazione tributaria (servendosi, se del caso, dell’ausilio di un consulente e/o di un Professionista sin dalle prime fasi); il quale dovrà prestare attenzione dapprima, alle notizie ed ai dati forniti in sede di dichiarazione e, successivamente, alle dichiarazioni rese a chiarimento delle incongruenze emerse dal controllo fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Avv. Giovanna BRATTI
Avv. Davide TORCELLO
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